Non sempre un’eredità è vantaggiosa per chi la riceve e agli interessati potrebbe convenire rinunciarvi. Come si effettua la rinuncia?
Nel momento in cui muore un debitore, gli eredi riceveranno anche le relative passività. Per evitare problemi con i creditori, è utile non accettare il lascito testamentario.
Sarebbe sempre opportuno provvedere alla rinuncia dell’eredità, perché gli eventuali creditori non potranno rivalersi sui parenti ed esercitare nei loro confronti alcuna azione legale. Il nostro ordinamento, tuttavia, non permette di farlo prima della morte del debitore. L’art. 458 del codice civile, infatti, stabilisce il divieto dei cd. patti successori, ossia quelle disposizioni relative a una successione non ancora aperta.
Il motivo di tale previsione risiede nella necessità di tutelare la libertà testamentaria e impedire il decesso di una persona possa diventare una affare di convenienza perché diretto a conseguire un vantaggio futuro. Tutti i patti successori eventualmente stipulati, dunque, sono considerati nulli.
In alternativa, chi già ha alcuni averi del defunto, deve provvedere con l’inventario di tali beni entro 3 mesi dall’apertura della successione e, successivamente, compiere la rinuncia all’eredità, dopo non oltre 40 giorni dall’inventario.
Esistono dei casi in cui, per legge, non si può effettuare la rinuncia all’eredità. Si tratta di quelle ipotesi in cui i chiamati all’eredità hanno già il possesso dei beni rientranti nell’asse ereditario ma non hanno compiuto l’inventario entro i 3 mesi dall’apertura della successione.
Un’altra ipotesi che rende impossibile la rinuncia è quella in cui i chiamati all’eredità non esprimono la loro volontà di rinunciarvi entro 40 giorni dall’effettuazione dell’inventario. Non può, infine, rinunciare all’eredità chi ha sottratto o nascosto beni facenti parte del patrimonio del defunto. In tale ipotesi, non può parlarsi di rinuncia perché il possessore è un erede puro e semplice.
Rinunciando, l’erede accetta il mancato trasferimento dei beni e dei diritti ereditari nel proprio patrimonio.
Ricordiamo, infine, che l’atto di rinuncia non è gratuito, ma comporta il pagamento di una serie di imposte. È, infatti, necessaria la registrazione, pur essendo previsto uno sconto sulla relativa tassa, perché si configura come un atto sprovvisto di contenuto patrimoniale. Il chiamato all’eredità che rinuncia al lascito deve versare solo l’imposta di registro fissa.
Se, invece, la rinuncia interviene dopo aver accettato l’eredità, ci saranno effetti traslativi, perché l’atto è stato compiuto al fine di trasferire il patrimonio già in capo all’erede a soggetti terzi. Non può, inoltre, ritenersi valida la rinuncia compiuta al solo fine di procurarsi un indebito vantaggio fiscale, perché in questo caso c’è l’abuso di diritto.
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