La Cassazione garantisce l’uniforme applicazione delle norme e spesso cambia con le sue sentenze lo statuto dei diritti fondamentali.
La Suprema corte di Cassazione gioca ancora un ruolo fondamentale nei giudizi di legittimità di ultima istanza delle sentenze emesse dalla magistratura ordinaria. Anche nel 2023 il tribunale di ultima istanza nel sistema giurisdizionale ordinario si è espresso a proposito dei diritti degli italiani con sentenze storiche. La Cassazione ha per esempio fissato nuove importantissime interpretazioni sul reddito di base, l’assegno di mantenimento e il salario minimo.
Si tratta di fattispecie che interessano tantissimi cittadini e che dunque dovrebbero essere studiate e analizzate, visto che mutano di fatto delle consuetudini o delle applicazioni fino a qualche mese fa ritenute intoccabili.
Per quanto riguarda il salario minimo, nel novembre 2023 la Cassazione ha stabilito che non è sufficiente che lo stipendio mensile di un contribuente sia superiore alla soglia di povertà (un limite fissato dall’ISTAT a un po’ più di 830 euro) affinché esso sia dignitoso. Lo statuto del salario minimo quindi è mutato.
Quando è avvenuto questo cambiamento? Nel momento in cui la Cassazione ha annunciato che esso deve garantire la possibilità “un livello di vita dignitoso”. In quest’ottica, secondo la suprema corte, la retribuzione minima non deve distanziarsi da quella media, dato che deve consentire alle persone di svolgere anche attività culturali, educative, sociali.
Le sentenze storiche del 2023 della Cassazione: quando un giudizio cambia la norma
Poi, a dicembre, la Cassazione è intervenuta anche sul reddito di cittadinanza. In pratica ha stabilito che le omesse o false informazioni contenute nell’autodichiarazione utile a conseguire l’RdC fanno scattare un reato solo se funzionali a ottenere un beneficio non spettante o spettante in misura superiore a quella di legge.
Sempre a dicembre, è arrivata un’altra sentenza importantissima della Cassazione sul diritto all’assegno di divorzio. Secondo la Corte suprema per quantificare questo assegno si deve tenere conto anche della convivenza prima del matrimonio. Quindi si è riconosciuta la valenza del tempo trascorso come coppia di fatto prima dell’unione istituzionale.
Tale principio implica un trattamento uniforme alle unioni civili. Da ciò, in caso di scioglimento dell’unione civile, nel valutare la durata del rapporto, ai fini dell’assegno, si deve considerare pure il periodo di convivenza.
Ancora nel mese di dicembre la Cassazione ha accolto il ricorso di un’ex moglie contro il no alla richiesta dell’amministratore di sostegno per l’ex marito troppo generoso con l’amante. Per la Cassazione questa generosità metteva a rischio il rispetto degli obblighi verso la moglie. E così è scattato il limite alla libertà di spendere i propri soldi per far regali all’amante!