“Quiet quitting” e “quiet cutting”: il significato, le differenze e le conseguenze per l’azienda. Come possono influire sulle prestazioni e sul benessere aziendale.
Sta emergendo una rivoluzionaria tendenza nel mondo del lavoro, conosciuta come “quiet cutting”. Questo concetto, recentemente coniato dal prestigioso Wall Street Journal, rappresenta un’innovativa prospettiva sul licenziamento. Piuttosto che sbarazzarsi di un dipendente, l’azienda opta per “riassegnarlo”, dandogli nuovi ruoli o responsabilità .
Ma quali sono le implicazioni di questa trasformazione sul benessere e la carriera dei lavoratori?
Il quiet cutting, in contrapposizione al licenziamento, rappresenta un approccio più strategico e di lungimiranza da parte delle aziende. Piuttosto che semplicemente lasciare andare un dipendente quando le sue competenze non sono più richieste, si cerca di valorizzarne le capacità attraverso una riassegnazione a nuovi ruoli. Questo avviene spesso durante una ristrutturazione aziendale, in cui gli uffici, gli organigrammi e le priorità vengono rivisti e riorganizzati in modo professionale ed efficiente.
Il significato del quiet cutting, vantaggi e svantaggi
Questa nuova tendenza, apparentemente sottile ma significativa, può avere profondi effetti sulla vita professionale delle persone coinvolte.
In primo luogo, il fatto di essere “riassegnati” può porsi come un compromesso tra il licenziamento completo e la conservazione del posto di lavoro. In effetti, i lavoratori in questione potrebbero trovare un senso di sicurezza nel sapere che l’azienda è ancora disposta a investire su di loro, senza però dover fronteggiare la devastante perdita del posto fisso.
Tuttavia, bisogna anche valutare attentamente gli svantaggi di questa nuova tendenza.
Sebbene il quiet cutting possa sembrare una soluzione più “delicata” al licenziamento, può comportare gravi conseguenze per la salute mentale dei dipendenti. Numerosi lavoratori possono sviluppare la “sindrome del sopravvissuto“, uno stato caratterizzato da sensi di colpa, mancanza di motivazione e disimpegno professionale.
Questa sindrome è stata originariamente riconosciuta tra i sopravvissuti della Seconda Guerra Mondiale, ma ora colpisce i lavoratori che si sentono salvati da un’ondata di licenziamenti ma costretti ad affrontare crescenti pressioni lavorative e cambiamenti di ruolo.
Spesso, i dipendenti vengono informati della loro riassegnazione tramite comunicazioni aziendali, come e-mail. Questi messaggi possono essere sintetizzati in frasi del tipo “Il tuo attuale ruolo non esiste più”. Benché le aziende possano vedere ciò come un sincero tentativo di mantenere e riutilizzare le competenze dei dipendenti, molti lavoratori potrebbero percepire il silent cutting come una strategia passivo-aggressiva finalizzata a spingerli verso le dimissioni, evitando così le spese di un licenziamento.
Di conseguenza, mentre alcuni dipendenti possono considerare il quiet cutting come una sfida e un’opportunità per acquisire nuove competenze, altri possono provare demotivazione e sentirsi sottostimati. In un clima così incerto, diversi esperti consigliano ai dipendenti di rivedere le proprie ambizioni e valutare se il loro attuale lavoro ancora soddisfi le loro necessità e obiettivi di carriera.
Dunque, come si potrebbero affrontare queste delicate sfide? Fondamentalmente, sarebbe cruciale che le aziende adottino un approccio attivo per il reinserimento dei lavoratori “riassegnati”. Ciò potrebbe significare fornire loro formazione e sostegno adeguati per acquisire nuove competenze o affrontare nuovi incarichi, in modo da creare opportunità di crescita e progressione all’interno dell’organizzazione. Solo così questa rivoluzione nel panorama lavorativo potrà davvero portare a miglioramenti duraturi per i dipendenti e le organizzazioni stesse.
Il “quiet cutting”, se svolto in modo corretto, può quindi rappresentare un’alternativa più umana ed equa al classico licenziamento.
Con l’evoluzione del panorama lavorativo, soprattutto dopo le conseguenze della pandemia e le cosiddette “grandi dimissioni” del 2021, le imprese cercano costantemente nuove modalità per bilanciare le esigenze organizzative con quelle dei dipendenti. Tuttavia, solo il tempo dirà se il “quiet cutting” diventerà una tendenza duratura o un fenomeno passeggero.
Quiet quitting, cos’è e le differenze con il quiet cutting
Un altro fenomeno sta prendendo piede nel mondo del lavoro di oggi, il Quiet Quitting, noto anche come “abbandono silenzioso”. Tuttavia, questo termine va ben oltre la sua traduzione letterale e merita una comprensione più approfondita.
Il Quiet Quitting rappresenta un approccio intelligente e consapevole all’abbandono del lavoro, che si sta diffondendo sempre di più nel mondo aziendale.
Le distinzioni fondamentali tra le espressioni Quiet quitting e Quiet cutting
“Quiet quitting” indica il processo di lasciare un lavoro senza alcun annuncio formale o comunicazione chiara al datore di lavoro. È una scelta molto personale e spesso viene adottata per evitare confronti o ulteriori discussioni.
D’altra parte, “quiet cutting” fa riferimento a una strategia di riduzione dei costi in cui le aziende cercano di tagliare posti di lavoro in modo discreto, senza attirare l’attenzione o ostilità dei dipendenti. Questa pratica può essere adottata per ridurre i costi in modo graduale e senza creare panico tra il personale.
Molto spesso, le decisioni di “quiet cutting” vengono prese a livello dirigenziale senza coinvolgere direttamente i dipendenti.
Quindi, mentre il “quiet quitting” è una scelta personale di lasciare un lavoro senza comunicare, “quiet cutting” è invece una strategia aziendale volta a ridurre i costi senza creare inutili tensioni tra i dipendenti.
Il Quiet Quitting, a volte chiamato anche “coasting“, rappresenta un contrasto con la cosiddetta “hustle culture“, una cultura che impone di essere sempre produttivi e totalmente impegnati e dedicati al lavoro. Questa nuova tendenza si sviluppa come risposta al burnout lavorativo e all’eccessiva richiesta di coinvolgimento da parte dei dipendenti.
Il quiet quitting è un segnale che le persone stanno cercando un equilibrio tra vita professionale e privilegiando la propria salute mentale e benessere.
La Generazione Z, in particolare, sta guidando questa nuova tendenza, ponendo una maggiore importanza al bilanciamento tra lavoro e vita privata, nonché alla propria crescita personale, piuttosto che ad una carriera tradizionale. Si concentrano non solo sul salario, ma anche sulla possibilità di svilupparsi professionalmente e godere di una buona qualità della vita.
Che sia quindi una decisione del lavoratore o dell’azienda, stiamo assistendo ad un cambiamento di approccio nei confronti del lavoro. Una maggiore tutela, da parte delle aziende e una maggiore consapevolezza dei propri diritti da parte dei lavoratori. Una strada che, se percorsa con le giuste intenzioni, può portare ad un benessere lavorativo migliore e, conseguentemente, un innalzamento della qualità della vita di ciascun individuo.