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Pignoramento conto corrente: i limiti da conoscere per evitarlo

Quando c’è un debitore insolvente, scatta il pignoramento del conto corrente. Vediamo nel dettaglio come funziona la procedura di recupero.  

I debiti vanno onorati: lo suggerisce il buon senso, e lo prescrive la legge. Ecco allora che, quando c’è un credito da recuperare, si può procedere nei confronti del debitore insolvente richiedendo il pignoramento del suo conto corrente. Ovviamente nel presupposto che ne abbia uno e che vi sia depositata una somma capiente, o comunque che su quel conto finisca uno stipendio o una pensione.

limite pignoramento del conto corrente
Il pignoramento di un conto corrente presuppone che l’istituto di credito del debitore riceva l’ordine da parte dell’ufficiale giudiziario. -(Lamiapartitaiva.it)

Una volta avviata questa procedura – lunga e costosa, non nascondiamolo – il debitore si ritrova a un certo punto nell’impossibilità di disporre liberamente dei soldi depositati sul proprio conto. Ma a tal fine è indispensabile ottenere un titolo esecutivo legato a una sentenza, a un atto giudiziario o a un decreto ingiuntivo. Vediamo ora invece, dalla prospettiva del correntista, come evitare di incorrere nel pignoramento.

I paletti da rispettare per “salvare” il conto corrente

Innanzitutto ribadiamo che il pignoramento di un conto corrente presuppone che l’istituto di credito del debitore riceva l’ordine da parte dell’ufficiale giudiziario. In altre parole, per mettere in modo la procedura esecutiva serve una sentenza, un atto giudiziario o un decreto ingiuntivo. Ma l’Agenzia delle Entrate può intervenire senza delegare la procedura al tribunale. Non appena riceve la comunicazione (obbligatoria), la banca blocca il conto di modo che il debitore non possa spostare i soldi altrove (o meglio, bloccata solo l’eventuale somma corrispondente al debito).

Il procedimento di pignoramento è regolato dal Codice di Procedura Civile (articoli 498 e seguenti), che ne disciplina le modalità e i limiti. I principali enti autorizzati ad attivarlo (di solito per il mancato pagamento di imposte, contributi previdenziali o altre obbligazioni di natura fiscale o sociale, come multe non saldate e debiti contrattuali) sono l’Agenzia delle Entrate e l’Inps. Ma come detto anche i creditori privati possono ottenere un titolo esecutivo. Inoltre, il pignoramento può essere invocato per soddisfare crediti alimentari o per risarcire danni derivanti da responsabilità civile.

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La legge prevede una serie di garanzie per il debitore, variabili a seconda della sia situazione economica. (Lamiapartitaiva.it)

La legge prevede comunque una serie di garanzie per il debitore, variabili a seconda della sia situazione economica. Per esempio, è prevista una somma minima non pignorabile, in modo da garantire un livello base di sussistenza del debitore: si parla di “minimo vitale” e l’importo può variare in funzione di diversi fattori. Nel caso di debitori stipendiati o pensionati, le somme accreditate dopo la notifica di pignoramento potranno essere bloccate solo in misura di un quinto dell’importo netto (un terzo se si tratta di alimenti).

In altre parole, il conto corrente è pignorabile al 100% solo se non vi sono depositati redditi da lavoro dipendente o la pensione. Ci sono poi altre somme non pignorabili: gli assegni di accompagnamento per disabili, le rendite di un’assicurazione sulla vita e le pensioni di invalidità.

Ancora dalla prospettiva del debitore, come difendersi e limitare il danno? Innanzitutto, entro 60 giorni è possibile richiedere la rateizzazione del debito. Se la richiesta viene accettata e la prima rata del piano di ammortamento risulta pagata, il conto viene sbloccato. Poi, se il pignoramento non rispetta i limiti di cui sopra, il debitore può presentare opposizione all’esecuzione o, in caso di procedura già conclusa, agire direttamente contro l’istituto di credito per ottenere un risarcimento del danno economico.

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