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Perché tantissime persone hanno richiesto la residenza fittizia? No, non è una truffa

La richiesta di questo tipo di residenza avvantaggia indubbiamente i soggetti che svolgono questa attività lavorativa, senza aggirare gli obblighi di legge.

Bisogna partire da una premessa: la “residenza” rappresenta per il cittadino un diritto da garantire; ma anche un dovere. Nel contesto burocratico, è una lunghissima lista quella dei servizi della quale può essere privato un soggetto in mancanza di un indirizzo di residenza. Una sorta di limbo, uno status di mezzo; una versione locale dello stato di apolide. Il possesso della residenza è la chiave per accedere all’insieme di diritti di base.

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Quando la residenza fittizia è reato -(lamiapartitaiva.it)

La residenza è essenziale per richiedere un contributo statale di qualsiasi tipo, la pensione; l’accesso allo stesso servizio sanitario nazionale in forma gratuita. Non ultima per importanza la fruizione delle forme di esenzione su farmaci e prestazioni mediche. In un tempo nel quale il cittadino dovrà abitualmente dotarsi persino di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC), la residenza fittizia è il minimo indispensabile che negli ultimi decenni è stata offerta come importantissima opportunità sociale a soggetti svantaggiati: primi fra tutti, senzatetto e nullatenenti.

I vantaggi della residenza fittizia per molti lavoratori

Il servizio di assegnazione della residenza fittizia, pressoché diffuso in tutti i Comuni italiani, consente all’interessato di avanzare in tal modo nell’iter di richiesta di aiuti economici e di tanto altro, oltre che dotare di una casella postale personale presso il municipio stesso, ove far recapitare i documenti postali e gli atti pubblici. Non solo clochard e simili; anche il cittadino che vive in una casa dove però non risiede abitualmente, può richiederne la residenza fittizia.

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Se la residenza fittizia è un’opportunità per questi lavoratori (Foto ANSA – lamiapartitaiva.it)

I benefici di natura fiscale e sociale in essa contenuti possono indurre taluni a ricorrere alla residenza fittizia come ad un escamotage. Se l’indirizzo comunicato non corrisponde affatto alla dimora abituale reale, si commette un reato di falso in atto pubblico, incentivando l’irreperibilità da parte di enti quali Agenzia delle Entrate, oppure banche, forze dell’ordine, assicurazioni, società dell’energia. Per alcuni lavoratori, la residenza fittizia costituisce la soluzione ottimale per ricevere i giusti vantaggi rimanendo in regola col Fisco italiano.

Come si comporta il Fisco di fronte alla residenza fittizia?

La residenza fittizia non è affatto un escamotage per gli odierni nomadi digitali, la cui peculiarità coinvolge lo stesso stile di vita nel contesto professionale. Risiedere provvisoriamente in un Paese scelto e lì svolgere il proprio lavoro da smart working, piuttosto che rimanere stabile nella Patria natia, è una scelta consentita, che non trasmette alcun sospetto di evasione fiscale. Certo, il trasferimento della tua residenza fiscale all’estero è tutt’altro che indolore.

La residenza fittizia, infatti, non implica l’esenzione dall’obbligo di versare le tasse presso il Paese ospitante (proprio in virtù di un indirizzo, seppur fittizio, appunto). Le “scelte” sono due: la residenza italiana, pur lavorando per il mondo, con la tassazione italiana sui redditi prodotti da clienti italiani e stranieri; la residenza all’estero, vivendo e lavorando all’estero, con la tassazione italiana soltanto sui redditi prodotti in Italia.

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La residenza fittizia non evita il pagamento delle tasse (lamiapartitaiva.it)

Anche se il nomade digitale è iscritto all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), la presenza sul territorio nazionale della sua famiglia produrrà il riferimento del suo domicilio fiscale. Si è considerati “residenti” dalla norma, sia Italia che all’estero, se si vive sul territorio da almeno 183 giorni in un anno (184 giorni negli anni bisestili). Se si viene considerati residenti tanto all’estero quanto in Italia, le convenzioni fra gli Stati eviteranno di applicare le cosiddette doppie imposizioni.

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