Anche i bambini possono avere diritto alla pensione, anche se a molti può sembrare impossibile. Ecco quando questo può accadere.
Associare la parola “pensione” a una fase della vita in cui non si è più giovanissimi, ma si pensa di avere modo di godere del meritato riposo dopo avere trascorso tanti anni al lavoro è più che naturale. Anzi, ormai da qualche anno l’età in cui raggiungere questo importante traguardo è stata innalzata, per questo non si può che guardare con favore all’idea di concludere la propria carriera lavorativa, possibilmente quando si è ancora in buone condizioni di salute.
L’idea che l’assegno possa spettare anche quando non si siano riusciti a maturare i contributi minimi necessari può sembrare strano, invece ci sono dei casi in cui questo può effettivamente accadere. Ci sono situazioni in cui anche i minorenni, bambini compresi, possono usufruire di questo importante vantaggio, anche se ovviamente devono verificarsi alcune condizioni ben precise.
Anche i bambini possono avere la pensione
Come molti sanno è necessario maturare almeno 20 anni di contributi per poter andare in pensione, diritto che non tutti maturano ovviamente alla stessa età, specialmente se si è iniziato a lavorare tardi dopo avere studiato e se non si è riusciti ad avere un impiego con continuità. È proprio per questo che quando non si più giovanissimi non si può che guardare con favore l’idea di avere ottenuto quello che può essere considerato un traguardo, anche se l’assegno che si andrà a percepire sarà inferiore alle aspettative.
In realtà, anche i bambini potrebbero ricevere una pensione, solo ovviamente in presenza di alcuni requisiti. Questo può accadere in genere in due casi:
- pensione di reversibilità, quando il genitore defunto riceveva già una pensione, per questo l’assegno passa poi a uno degli eredi;
- pensione indiretta, se il genitore defunto non era ancora beneficiario di una pensione, ma al momento della morte aveva già maturato 15 anni di contributi, oppure almeno 5 di cui 3 maturati nell’ultimo quinquennio.
La pensione di reversibilità passata a un erede non prevede alcuna modifica all’entità della cifra percepita. Ben diversa è invece la situazione per quanto riguarda la pensione indiretta: in questo caso è necessario calcolare l’importo sulla base delle regole previste normalmente per le pensioni, a seconda del periodo in cui sono stati maturati i contributi, per poi suddividere il tutto tra i familiari superstiti, cosa valida soprattutto se chi è deceduto ha più figli.
A livello generale c’è una suddivisione ben precisa da tenere presente per quanto riguarda la pensione indiretta: il 60% spetta al coniuge superstite, con l’aggiunta del 20% in presenza di un figlio minorenne, il 40% con almeno due figli.
L’indennità di frequenza: come funziona
È però prevista per i minori anche una pensione di invalidità civile, se non dovessero essere in grado di svolgere i compiti previsti per la loro età. A livello tecnica questa prende il nome di “indennità di frequenza”, ma viene concessa solo se è stata riconosciuta da un’apposita commissione dell’INPS, che valuterà le condizioni fisiche e psicologiche della persona per capire se ne abbia diritto e quale sia l’importo più consono.
Le condizioni sono determinanti, ma non indispensabili per poter avere parere favorevole. Tra gli elementi presi in considerazione c’è anche la somma dei redditi percepiti in famiglia, che non deve superare i 5.725,46 euro (limite aggiornato al 2024). Questa è pari a 333,33 euro al mese, ma senza tredicesima, cosa invece prevista per l’invalidità civile. È concessa fino al compimento della maggiore età o almeno per tutto il periodo di frequenza al corso o al trattamento terapeutico-riabilitativo. Chi ne ha i requisiti può poi trasformarla in invalidità civile.