Si punta a coinvolgere fino a diecimila donne in più, da mandare in pensione con 35 anni di contributi e almeno 60, 61, 62 o 63 anni d’età
Si torna a parlare di pensioni, argomento che dovrebbe trovarsi al centro della Legge di Bilancio 2024 insieme alla riforma fiscale. Non dovrebbero esserci grandi cambiamenti in ambito previdenziale, viste le poche risorse a disposizione e al momento si parla solo di piccoli aggiustamenti da apportare alle misure attualmente in vigore.
Sembrerebbe che il ministero del Lavoro stia cercando di convincere quello dell’Economia a trovare le risorse necessarie per ampliare la platea di beneficiari di Opzione donna.
Inoltre sembra essere riconfermata la possibilità di uscire dal mondo del lavoro a 62 anni grazie alla Quota 103, che richiede unitamente all’età anche a 41 anni di contributi minimi. Dovrebbero essere previsti anche degli aggiustamenti di Ape sociale e Opzione donna: scopriamo dunque cosa potrebbe cambiare per queste due misure.
Come potrebbe cambiare l’Opzione donna e la riforma pensioni ha bisogno di coperture
L’Opzione donna è stata sicuramente la misura più dibattuta del 2023, visto che ha subito profonde modifiche rispetto all’anno precedente. La possibilità di accedere alla pensione anticipata a 58 anni, infatti, con la Legge di Bilancio 2023, è stata limitata solo alle donne disoccupate da azienda in crisi. Per tutte le altre l’uscita a 58 anni è subordinata all’avere almeno due figli.
L’allargamento della platea potrebbe costare qualche centinaia di milioni: la ministra del Lavoro e delle politiche sociali Marina Elvira Calderone precisa al Messaggero che vorrebbe usare la prossima legge di bilancio per compensare il taglio di un anno fa, quando la platea di donne si è ridotta molto, passando da 23mila a circa 3000.
I paletti messi quest’anno dal titolare del ministero dell’economia, Giancarlo Giorgetti, sono però ancora abbastanza stringenti: il ministro ha spiegato infatti che andranno fatte delle rinunce in altri ambiti, nel caso di un ampliamento della misura in questione.
Nonostante sia quello che auspichino sindacati e opposizione, tornare all’Opzione donna del 2022 sembra fuori discussione visto il costo troppo alto per il ripristino di questi requisiti anche nel 2024.
Le ipotesi al vaglio sono diverse e una prevede l’eliminazione del requisito dei figli alzando di poco l’asticella dell’età per accedere alla misura.
Si potrebbe, quindi, ampliare la platea permettendo alle donne di accedere alla pensione, con le stesse condizioni previste nel 2022, a 60 anni indipendentemente dal numero dei figli e della categoria lavorativa (ricordiamo che oggi la misura è riservata a invalide, caregiver e disoccupate).
La decisione non è stata ancora presa ma è in ballo anche la possibilità di far rientrare le esodate dall’Opzione donna nell’Ape sociale, ma a quanto sembra l’esecutivo sembra avere già perso interesse in questa proposta.
Per poter allargare la pensione a 58 anni offerta dall’Opzione donna, ovviamente, servono coperture, ma non è detto che il Governo riesca a reperire i finanziamenti necessari per questo ampliamento.
Va ricordato, infatti, che nella Legge di Bilancio 2023 la proroga del regime sperimentale solo per poche, era stato previsto solo per un anno.
I requisiti di accesso alla misura erano stati stretti e irrigiditi proprio per la mancanza di coperture, ma sia l’opposizione che le parti sociali premono fin dal momento della modifica della misura per il ripristino dei vecchi requisiti, quelli in vigore nel 2022.
L’anno scorso potevano accedere alla pensione con l’Opzione donna le lavoratrici dipendenti con almeno 58 anni di età e le lavoratrici autonome che ne avessero compiuti almeno 59. In entrambi i casi erano richiesti 35 anni di contributi e la scelta del sistema contributivo per il calcolo della pensione.