Chi lavora in proprio sa bene che un conto è fatturare, un altro è incassare. Il Fisco tiene conto di questa differenza per le partite Iva con regime forfettario?
In teoria, a ogni fattura emessa deve corrispondere un incasso per il relativo importo. Nella pratica – chiunque gestisca un’attività in proprio lo sa purtroppo molto bene – non sempre è così. E allora per il titolare della partita oltre al danno scatta anche la beffa: ritrovarsi con fatture da riscuotere (chissà quando e come) e, se si supera una certa soglia di fatturato, perdere il diritto a rimanere nel regime forfettario e passare “d’ufficio“ a regime ordinario (tradotto: ancora più incombenze e più tasse da pagare). Come uscirne?
Il problema, come spesso avviene in Italia, è che fatta la norma c’è subito il “furbetto” che trova l’inganno. Ad oggi la soglia di 85.000 euro deve essere verificata solo sulla base dell’incassato. Per cui il contribuente, entro certi limiti, può “gestire” la soglia di accesso o permanenza nel forfettario rimandando uno o più incassi in accordo con uno o più committenti. In ogni caso, resta un problema di fondo.
La notizia è che il governo starebbe mettendo mano al cantiere delle regole per entrare e rimanere nel regime forfettario: a breve sarà introdotto un parametro più in linea con la normativa Ue. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
Tutte le novità per il regime forfettario
Come accennato, il comma 54 della Legge n°190/2014 prevede che possono accedere al regime forfettario coloro i quali hanno conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 85.000 euro, e che hanno sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori (anche a progetto).
Ebbene, attualmente la soglia di 85.000 di ricavi/compensi che deve essere rispettata per accedere e permanere nel regime forfettario, è legata all’incassato. Ma la direttiva Ue che definisce le soglie di esonero dall’applicazione dell’Iva fa riferimento al volume d’affari. L’Italia è stata appunto autorizzata ad esentare dall’Iva i soggetti passivi il cui volume d’affari annuo non supera 85 000 euro.
Morale: quest’ultimo importo dovrà essere verificato rispetta al fatturato. Per cui una fattura emessa, pur non incassata, concorrerà alla verifica della soglia. E qui torniamo al problema di partenza…