Lavoratori autonomi e aziende devono far attenzione: se quelli dell’Agenzia delle Entrate chiudono la partita IVA, c’è poco da fare.
Innanzitutto è importante saper monitorare lo stato della propria partita IVA, dopodiché è fondamentale rispettare tutti gli opportuni obblighi fiscali a essa collegati. Il codice a undici cifre necessario per emettere fatture e pagare i contributi dovuti al fisco e alla previdenza sociale è uno strumento imprescindibile per poter essere inquadrati dall’Agenzia delle Entrate. Senza, non si esiste per il fisco, almeno in quanto liberi professionisti o aziende.
Una volta aperta, la partita IVA, può sempre subire una chiusura coatta, cioè di ufficio. Non sempre però è chiaro in quali casi gli addetti e gli ispettori dell’Agenzia delle Entrate possono chiudere una partita IVA. Ebbene, in generale, la chiusura d’ufficio può avvenire in tre casi specifici.
Due di questi tre casi possono essere collegati all’inattività. Se, in pratica, la partita IVA non comunica con il fisco per un certo periodo di tempo, quelli dell’Agenzia delle Entrate possono decidere di chiuderla. Dopodiché sarà impossibile tornare indietro e recuperare il proprio status originario.
La chiusura può dipendere dalla cessazione dell’attività. Nel momento in cui una partita IVA non svolge più alcuna attività (sia essa imprenditoriale, artistica o professionale), il titolare è tenuto a comunicare la propria scelta di abbandonare la libera professione all’Agenzia delle Entrate. In questo senso dovrebbe essere lo stesso titolare a procedere con la chiusura della partita IVA.
Fino a qualche tempo fa, quando il titolare ometteva tale comunicazione, oltre alla chiusura della Partita IVA, poteva subire delle sanzioni. Oggi quelle sanzioni sono state cancellate. E di fatto non ci sono costi di alcun tipo per coloro a cui chiudono la partita IVA d’ufficio.
Per comunicare l’intenzione di cessare l’attività bisogna usare il modello AA9/12 entro trenta giorni dall’interruzione dell’utilizzo del codice. E se ciò non avviene, l’Agenzia delle Entrate stessa procederà con la chiusura d’ufficio della partita IVA.
La chiusura può essere anche automatica. Dopo tre anni di inattività, tutte le partite IVA immobili (che non emettono fatture e che non dichiarano redditi) vengono automaticamente chiuse dall’Agenzia delle Entrate. Di norma, l’Agenzia contatta il titolare del codice per avvisarlo che si sta avvicinando il momento della chiusura.
A questo punto il titolare ha sessanta giorni di tempo per decidere cosa fare: se lasciar chiudere la partita IVA o riutilizzarla. In questo secondo caso potrebbero però scattare dei controlli, per capire se nel periodo di inattività ci sono stati lavori non fatturati.
Poi c’è il caso più grave. In caso di mancata esibizione dei documenti contabili obbligatori o di esito negativo sui documenti esibiti, oltre alla chiusura d’ufficio, il contribuente può essere punito con una sanzione di 3.000 euro. La Legge di Bilancio 2023 ha infatti introdotto nuove norme per arginare il fenomeno delle partite IVA “apri e chiudi”. Così si è arrivati alla sanzione da 3.000 euro.
Per riaprire la partita IVA, bisogna presentare una richiesta formale all’Agenzia delle Entrate. Questa richiesta può essere effettuata tramite il modello AA7/10, che è specifico per la riapertura di partite IVA. E l’Agenzia può anche decidere di non assegnare un nuovo codice al contribuente “sospetto”.
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