Quali variabili ed elementi considerano le banche, attraverso algoritmi di calcolo, per accreditare i mutui ai richiedenti? Scopriamoli insieme.
Quando ci rivolgiamo ad un istituto bancario per ottenere un mutuo, sappiamo che l’effettiva concessione a prestito del capitale richiesto dipende dalle garanzie di restituzione del credito che il richiedente dimostra alla banca di poter avanzare, secondo specifiche modalità e tempistiche concordate tra le parti.
Tra queste garanzie, una delle più conosciute è quella del rapporto tra il reddito del richiedente e l’ammontare totale del capitale, suddiviso per il numero di rate, che deve risultare congruo e sostenibile tanto per il creditore quanto per il debitore. Ma non è la sola: vengono infatti valutate anche, ad esempio, la stabilità del lavoro svolto (tanto in termini di settore quanto di solidità dell’azienda specifica presso cui si lavora); lo storico di un’eventuale situazione debitoria precedente e l’affidabilità dimostrata in passato dal richiedente; l’assenza di negatività (o, come si dice in gergo bancario, di non essere “andati in rosso”); ed il rapporto tra il valore del bene da mutuare ed il credito da concedere.
Inoltre, le banche considerano anche la cosiddetta quota di sussistenza: ovvero il numero di componenti del nucleo famigliare a cui appartiene il richiedente. E questo parametro, secondo Alfredo Caltabiano, Presidente di ANFN – Associazione Nazionale Famiglie Numerose, renderebbe praticamente impossibile ottenere un mutuo ai richiedenti facenti parte proprio dei nuclei famigliari più numerosi. Perché?
La quota di sussistenza è ciò che resta mensilmente al richiedente dopo aver sottratto al reddito residuo il valore delle rate del mutuo. Come riferimento si considera annualmente la soglia di povertà determinata dall’Istat, che varia di Regione in Regione nonché di Città in Città. Ed il quotidiano nazionale Avvenire ha mostrato i risultati di un’indagine a campione con i redditi residui minimi medi delle famiglie italiane.
Secondo l’indagine, il reddito residuo minimo di una famiglia con due figli è di 2.200 Euro al mese; di 2.570 se i figli sono tre; 2.870 in caso di quattro figli; 3.170 con cinque figli; e 3.470 con sei figli. E secondo Caltabiano – che prima di occuparsi del sociale ha prestato servizio presso un istituto bancario per 39 anni – utilizzando questo parametro con i loro algoritmi le banche “chiudono la porta alle famiglie con figli”, rendendo per queste assai complicato ottenere un mutuo.
Il che fa emergere una contraddizione significativa in seno al tessuto sociale attuale: da un lato, infatti, vengono espresse volontà di contrasto alla denatalità, soprattutto a livello politico; dall’altro, però, il settore economico e finanziario dimostra invece con tutta evidenza di favorirla.
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