L’Unione Europea procede sempre più spedita verso l’introduzione delle nuove regole per le Case Green: facciamo il punto della situazione.
Negli ultimi mesi, le intenzioni dell’Unione Europea di accelerare il processo di efficientamento energetico degli edifici ed immobili del Continente si sono fatte sempre più concrete. In alcuni casi, infondendo accesi entusiasmi, in particolare per le prospettive di una grande opera di ristrutturazione in grado di dar vita ad una nuova era per gli immobili, rendendoli finalmente meno energivori e riducendo di conseguenza le emissioni inquinanti in atmosfera.
E non solo: anche di consentire al settore dell’edilizia di prevedere un’impennata delle attività lavorative di una, potremmo definirla, “magnitudine” piuttosto significativa, con benefici tanto in termini occupazionali quanto in termini di indotto pressoché sull’intero territorio europeo. Di contro, tuttavia, ha infuso e destato anche numerose preoccupazioni, in particolare riguardo al dilemma dei dilemmi, ovvero: chi dovrà sobbarcarsi le spese? E di quale entità nonché con quali scadenze?
Se da un lato, infatti, non vi è dubbio che la riqualificazione del parco immobiliare del Continente sia tanto una necessità urgente quanto un’opportunità d’investimenti virtuosi sia sul piano ecologico sia sul piano economico, dall’altro non mancano però i rischi che obblighi e regolamenti troppo rigidi, magari che gravino in prevalenza sulle spalle dei singoli proprietari, potrebbero condurre ad un effetto “boomerang” di magnitudine equivalente, se non superiore, vanificando le buone e nobili intenzioni originarie. Ora quindi a che punto siamo?
L’adattabilità delle regole su scala nazionale: le ultime novità della direttiva UE
Partiamo da una breve cronistoria, la più recente: lo scorso 12 Ottobre si è tenuto al Parlamento Europeo l’ultimo incontro in ordine di tempo per discutere sulla questione e da questo è emersa la decisione di calendarizzare quella che dovrebbe essere la discussione finale al prossimo Dicembre. Inoltre, gli obiettivi: ridurre le emissioni di gas serra del 55% rispetto al 1990 entro il 2030 e l’ambizioso traguardo di giungere ad emissioni zero entro il 2050.
Ora: l’ultimo incontro è stato utile per stemperare le preoccupazioni emerse nel corso dei mesi? Ebbene, in parte sì: tra le novità più importanti a riguardo, infatti, è risultata l’inversione di marcia rispetto alla bozza iniziale circa la flessibilità in termini di applicazione delle norme di cui potrà godere ogni Stato membro dell’Unione.
In particolare, le tempistiche e le scadenze non verranno imposte allo stesso modo ed indiscriminatamente per tutti, bensì verranno decise da ogni singolo Paese in base alle proprie specificità. In altre parole, ogni Stato potrà elaborare un piano operativo con target di riduzione dei consumi da effettuare tra il 2025 e il 2050 sull’intero parco edilizio residenziale nazionale. E per l’Italia, che può contare su un magrissimo 8% di immobili di recente fabbricazione (ovvero edificati negli ultimi vent’anni), la sfida è davvero unica. E stando alla linea di maggior flessibilità adottata dall’Unione, la possibilità di affrontarla in modo efficace, realistico e vantaggioso ora c’è: la parola passa quindi all’esecutivo italiano.