Il persistente inadempimento dei pagamenti dovuti finisce per tramutarsi in un grave reato penale che si scaglia sul contribuente. A cosa si va incontro.
L’argomento delle tasse rappresenta un tema onnipresente nel dibattito pubblico, ed in primaria sede, nel dibattito politico: non raramente è il necessario humus dello scontro politico e ideologico, nonché oggetto di galvanizzazione delle masse nelle campagne elettorale.
Senza alcuna contaminazione di qualunquismo, l’immagine degli esecutivi alla chiusura delle legislature presenta i comuni tratti, forgiati dalle varie discussioni più o meno massmediatiche: c’è sempre un governo che ha alzato le tasse e un’opposizione pronta a falcidiare il prelievo fiscale sin dalle prime battute del prossimo mandato.
Ovviamente, ogni ragionamento richiede una logica ben più articolata e soprattutto che tenga in considerazione il contesto socioeconomico del Paese, oltre al contesto globale dei mercati e della politica internazionale. Ecco dunque che il cittadino scopre gli evidenti limiti di iniziativa (ma non vuol dire che non vi siano raggi di iniziativa) frutto di accordi complessivi che si abbattono pesantemente sui margini di manovra. L’Italia, come è noto, riconosce nel debito pubblico, la sua storica, pesante catena.
Il rilievo internazionale, assieme al mix inflazionistico interno, condiziona la stessa Legge di Bilancio 2024, la quale ha ereditato gli effetti di una straordinaria erogazione di contributi adeguati all’entità dell’indice di inflazione scaricato sui consumi (con la conseguente crisi del potere di acquisto). L’istantanea, oggi, è quella di correre ai ripari per garantire i servizi assistenziali ai cittadini, rifinanziando in fretta le casse dello Stato.
Le periodiche sanatorie, per quanto utili, non bastano a supplire gli effetti strutturali di una vera e propria manovra finanziaria; e quest’ultima prende la variegata forma che va dalle trattenute in busta paga, alle imposte sui consumi e al prelievo fiscale diretto; in altre parole, al pagamento delle tasse. Per quanto tale dovere di ogni cittadino non sia unanimemente amato, vi sono molteplici ragioni, dalla buona alla cattiva fede, che porta taluni contribuenti a risultare, dopo tutte le proroghe disponibili nella normativa, ancora inadempienti nei confronti dello Stato.
In ultima analisi, quando le tasse non vengono pagate, si commette il grave reato di evasione fiscale. Generalmente, la “prima” extrema ratio a cui si va incontro, eludendo ancora una volta il provvedimento di ingiunzione di un giudice, è quella del pignoramento dei beni, ossia l’esecuzione forzata attingendo, secondo precisi limiti di legge, sui beni mobili e immobili del contribuente, incluso l’ipoteca o il fermo amministrativo dell’auto.
Nonostante le misure di pagamento in misura ridotta, applicate dall’Agenzia delle Entrate, comprendenti sanzioni e interessi agevolati, si può andare incontro all’illecito amministrativo eludendo il versamento di una cifra oltre una certa soglia di legge. In caso di fraudolenta dichiarazione dei redditi o dell’IVA, il reato scatta per somme superiori a 30.000 euro, o per redditi non dichiarati oltre il 5% del totale o 1,5 milioni di euro.
L’evasore rischia di andare incontro ad una condanna di reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni. L’evasione da dichiarazione infedele, oltre i 150.000 euro o il 10% del totale, produce una condanna da 1 a 3 anni. Pari condanna anche per mancata presentazione della dichiarazione su un imposta evasa superiore a 50mila euro, o 250 mila per omesso versamento dell’IVA.
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