Nell’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro, si ha diritto all’indennità NASPI. Ma in quali casi c’è incompatibilità con la prestazione?
La NASPI è il sussidio economico che viene riconosciuto nel caso di cessazione del rapporto lavorativo per cause non riconducibili alla volontà del dipendente.
Nel dettaglio, la prestazione spetta nelle ipotesi di licenziamento e di dimissioni per giusta causa.
Queste ultime si configurano nel caso in cui il datore di lavoro abbia commesso una grave violazione, come omesso versamento dello stipendio (per almeno due mensilità) o dei contributi previdenziali, mobbing, aggressioni fisiche e verbali, demansionamento, omissione delle misure di sicurezza.
Molto lavoratori, tuttavia, si chiedono se la NASPI spetti anche nel caso in licenziamento per giusta causa, ossia derivante da una condotta intenzionale del dipendente che abbia provocato un grave danno al datore di lavoro.
Vi rientrano, ad esempio, i casi di rifiuto immotivato a svolgere l’attività lavorativa, insubordinazione, violenza, diffamazione, furto ai danni dell’azienda, assenza ingiustificata.
Licenziamento per giusta causa: si ha diritto all’indennità di disoccupazione? Sì, ma ad una specifica condizione
Il Ministero del Lavoro, nel 2013, rifacendosi ad alcune Circolari INPS, ha chiarito che si ha diritto alla NASPI anche nel caso di licenziamento per giusta causa.
La normativa di riferimento, infatti, non fa differenza tra le tipologie di interruzione del rapporto lavorativo, ma parla di “licenziamento” in generale. Di conseguenza, si ritiene che debba essere ricompreso anche quello per giusta causa.
Per evitare l’insorgenza di eventuali condotte fraudolente, è, però, intervenuta la Corte di Cassazione. Il dipendente, infatti, potrebbe essere intenzionato a cessare autonomamente il rapporto di lavoro ma, per non perdere la NASPI, porterebbe l’azienda a farsi licenziare, perpetuando comportamenti dolosi e preordinati.
In questi casi, infatti, si tratterebbe di dimissioni travestite da licenziamento per giusta causa.
Ebbene, per combattere tale fenomeno, i Giudici hanno specificato che, in ogni ipotesi di licenziamento per assenza ingiustificata, il lavoratore ha diritto sia al TFR sia alla NASPI, ma il datore può richiedere il risarcimento dei danni.
L’entità del danno viene calcolata sulla base del cd. ticket NASPI, cioè la tassa che il datore di lavoro deve pagare allo Stato nel momento in cui decide di licenziare un dipendente e che serve a garantire il versamento della prestazione al lavoratore licenziato.
L’ammontare del ticket NASPI, dunque, può essere sottratto dall’ultima busta paga oppure dal TFR.
Se, tuttavia, manca una sentenza del Giudice che condanna il dipendente al risarcimento dei danni, il comportamento del lavoratore potrebbe essere contestato.