La legge italiana permette di rinunciare all’eredità, ma tutto cambia se tale rinuncia viene impugnata: ecco cosa succede.
I creditori possono essere danneggiati dalla scelta dell’erede di non accettare un’eredità. Proprio in questo senso, il diritto alla rinuncia dell’eredità può entrare in crisi. Per la normativa vigente, un familiare non è mai obbligato ad accettare un’eredità. La rinuncia è infatti sempre possibile attraverso una dichiarazione formale presentata al notaio o al cancelliere del tribunale.
Capita però che una simile situazione sia sgradita ai creditori degli eredi, che in certi casi potrebbero perdere la possibilità di far valere le proprie pretese contro l’asse ereditario. In questo preciso contesto prende corpo la fattispecie dell’impugnazione della rinuncia all’eredità.
La legge concede uno strumento di tutela ai creditori per difendersi dalle scelte del debitore. L’erede ha sempre il diritto di rinunciare all’eredità, se in buona fede, ma tale diritto non può arrecare danno ai creditori. Inoltre è possibile impugnare la rinuncia pure nel caso in cui questa stessa rinuncia non sia stata spontanea.
Il primo punto da chiarire è che non si può rinunciare alla successione semplicemente disinteressandosi dei beni dell’eredità. Per la rinuncia occorre una formale e univoca manifestazione di volontà. La rinuncia parziale è intesa come nulla.
Due sono i casi in cui è possibile impugnare la rinuncia all’eredità. Il primo riguarda la già evocata possibilità che esistano creditori danneggiati da tale scelta. Il secondo risponde alla fattispecie di una rinuncia imposta all’erede: può infatti capitare che il rifiuto non il frutto di una libera scelta.
Il primo caso è il più diffuso e interessante. Secondo la legge italiana, se la rinuncia comporta un danno ai creditori, questi soggetti possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunciante. E questo al preciso scopo di avere soddisfazione sui beni ereditari, fino al recupero dei crediti.
I creditori possono ricorrere a questo strumento di tutela anche nel caso in cui l’erede sia in buona fede e abbia rinunciato non per arrecare un danno ai creditori ma solo perché non aveva interesse ad accettare la propria quota.
L’impugnazione della rinuncia dell’eredità può essere proposta dall’effettivo creditore dell’erede fornendo prova al giudice del debito insoluto, ma solo ed esclusivamente se la rinuncia ha arrecato un effettivo pregiudizio ai creditori. Bisogna quindi dimostrare che l’asse ereditario può soddisfare, anche solo in parte, le loro ragioni. E non devono essere trascorsi più di cinque anni dalla rinuncia (questo è termine di prescrizione).
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