Con l’approvazione della Nadef 2023 è stata confermata la revisione delle aliquote IRPEF 2024, e si prevendo parecchi problemi
Il Nadef o nota di aggiornamento del documento di economia e finanza è una stima che delinea gli obiettivi di finanza pubblica per il prossimo triennio (in questo caso, il periodo 2024-2026). Si tratta dunque di una nota che anticipa alcune delle misure cardine della prossima Legge di Bilancio. E dopo i problemi sorti con la rimodulazione dell’IRPEF da cinque a quattro scaglioni nel 2022, anche nel 2024 potrebbero sorgere nuovi dubbi e difficoltà.
Con la Manovrà 2024 il Governo vorrebbe infatti giungere all’attuazione della prima fase di una riforma volta al passaggio dell’imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF) a tre aliquote. Inoltre, l’esecutivo punta al mantenimento della flat tax per partite IVA e professionisti con ricavi inferiori agli 85.000 euro.
La revisione e la graduale riduzione dell’IRPEF, con la riduzione delle aliquote e dei relativi scaglioni, dovrebbe preservare il principio di progressività. E questo al fine di ridurre, secondo il Governo, il carico fiscale sul lavoro e promuovere “l’equità orizzontale”. Commercialisti e lavoratori sono però preoccupati riguardo al passaggio a tre aliquote fiscali, in luogo delle attuali quattro.
Potrebbero infatti sorgere problemi per le fasce più deboli della popolazione, escluse dalla possibilità di recuperare attraverso le detrazioni IRPEF. Inoltre, si temono intoppi nelle modalità di calcolo e l’adeguanto dei valori per determinare le quote aggiuntive di detrazione.
La prima ipotesi di riforma, messa a punto dalla Ragioneria dello Stato, prevede infatti l’accorpamento del secondo e del terzo scaglione in un’unica fascia in cui sono compresi i redditi tra i 15.000 e i 50.000 euro. Questo accorpamento subirebbe un prelievo del 27% (o del 28%).
Rispetto alla precedente disciplina, il regime delle detrazioni per i redditi di lavoro, dipendente dalla riforma del 2022, ha già ampliato da 8.000 euro a 15.000 euro la prima soglia di reddito cui si applica la detrazione di 1.880 euro (che di fatto è rimasta invariata). E ha poi esteso la misura della detrazione base, che è passata da 978 euro a 1.910 euro, per la seconda soglia di reddito (quella attualmente superiore a 15.000 euro ma non a 28.000 euro).
La detrazione spettante per i redditi bassi, fino a 15.000 euro, nell’anno in corso è spettata nella misura di 1.880 euro. Per i redditi fino a 28.000 euro la detrazione base è stata di 1.910 euro. Era invece di massimo 1.910 euro per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro. Ora tutto cambierà.
Già è stata modificata la modalità di calcolo della quota ulteriore di tale detrazione, con l’aumento del valore iniziale da 902 euro a 1.190 euro e un adeguamento dei valori utilizzati nel prodotto, ai fini della determinazione della quota aggiuntiva di detrazione.
L’IRPEF attuale, con la rimodulazione su quattro aliquote invece che cinque (23%, 25%, 35%, 43%) e la soppressione della vecchia aliquota del 41% ha già creato parecchi problemi agli adempimenti a carico dei sostituti d’imposta e dei contribuenti. C’è per esempio chi non è riuscito ad adeguare per tempo i software per la lavorazione delle buste paga.
Più in generale, l’impatto della prossima riforma rivela già che il 20% delle famiglie più povere sarà sostanzialmente escluso dai benefici per effetto dell’incapienza fiscale. In pratica, il 50% dei nuclei in condizione economica meno favorevole potrà beneficiare di circa un quarto delle risorse complessive (cioè 1,9 miliardi). Mentre il 10% più ricco usufruirà di più di un quinto delle risorse (1,6 miliardi).
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