Anche se l’inflazione sta scendendo, sul carrello della spesa non si registrano cali di prezzo e l’aggravio per le famiglie è ancora troppo alto
Anche se l’inflazione sta lentamente scendendo e non tocca più i picchi di qualche mese fa, i prezzi iniziano a calare lievemente. Per gli italiani però vivere è ancora molto difficoltoso perché la stangata portata dall’inflazione non è del tutto superata.
Una buona notizia è che rispetto a ottobre 2022 i prezzi sono in calo, ma questo dato, a ben vedere, è influenzato dal confronto rispetto all’anno scorso, proprio quando nello stesso periodo, si sono registrati i fortissimi aumenti dei costi dell’energia e del gas a causa del conflitto russo – ucraino.
A ottobre 2023 l’inflazione scende a +1,7%, una dato così basso non si aveva dal luglio 2022, quando era a +1,9%. Questa discesa dell’inflazione, però, deve essere guardata anche tenendo conto dell’andamento dei prezzi energetici che, rispetto allo scorso anno decisamente più bassi. Per trovare un dato così basso dobbiamo risalire a luglio 2021, quando l’inflazione era al +1,9%.
Cosa significa l’inflazione sotto il 2%?
Questa riduzione, peraltro generalizzata tra le maggiori economie globali, è stata dovuta a una serie di fattori, tra cui il calo dei prezzi dei beni alimentari ed energetici.
Questi ultimi in particolare hanno osservato un calo più drastico anche a causa di un effetto statistico generato dal confronto con i prezzi di ottobre 2022 che avevano registrato un’impennata.
“Il crollo del dato tendenziale – commenta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori – è un miraggio dovuto alla matematica, visto che nell’ottobre del 2022 si era raggiunto il record dell’inflazione annua dell’11,8%, un primato che non si aveva dal marzo del 1984, e, quindi, il confronto su base annua risulta falsato”.
Secondo l’UNC, i dati definitivi dell’Istat confermano che il Trimestre anti-inflazione è stato un flop, visto che la variazione dei prezzi dei prodotti alimentari è stata pressoché nulla.
“Il calo dell’inflazione è una buona notizia per i consumatori, perché permette la normalizzazione dei prezzi e aumenta il potere d’acquisto” afferma Livio Spadaro, Portfolio Manager di Frame Asset Management “Tuttavia, se si guarda al dato core, cioè l’indice dei prezzi al consumo depurato dai prezzi dei beni più volatili, la flessione è stata più contenuta con l’indice che ha segnato un +4.2% annualizzato”.
L’inflazione italiana all’1,7% è negativo perché: “il dato core, cosi come per l’intera area Euro, resta piuttosto elevato. La BCE non ha quindi indicazioni tali da poter anche solo pensare, al momento, di tagliare i tassi di interesse. Inoltre, l’inasprimento della politica monetaria sta iniziando a dare i suoi effetti con un rallentamento marcato dell’economia dell’Area Euro che ha colpito in prevalenza la Germania (la quale si trova già sostanzialmente in recessione) e anche la Francia” continua Spadaro.
È importante notare che l’inflazione può anche essere troppo bassa o negativa: un’inflazione sotto il 2% – che è l’obiettivo fissato dalle banche centrali per mantenere la stabilità dei prezzi e fornire un margine di sicurezza contro il rischio di deflazione – può portare le persone a ridurre o rimandare gli acquisti perché si aspettano un calo dei prezzi. In questo caso, l’impatto sulle imprese e sul mercato del lavoro potrebbe essere deleterio.
Nonostante quanto detto in precedenza, l’emergenza prezzi non è ancora rientrata perché se anche l’inflazione è a +1,7% quella che riguarda il carrello della spesa è ancora attestata a +6,1%.
Fare la spesa costa ancora troppo e la stima per una famiglia con due figli, è che in media si spendono 532 euro in più l’anno solo per i beni alimentari.
Anche considerando il lieve miglioramento, quindi, il potere di acquisto delle famiglie è decisamente ancora troppo basso confrontandolo con il costo della vita. E questo nonostante il trimestre anti inflazione, iniziativa promossa dal Governo per cercare di calmierare i prezzi.
Rispetto a settembre, i prezzi sono rimasti invariati e di fatto l’effetto del trimestre anti inflazione, per ora, è stato praticamente nullo.
Se per le famiglie italiane con due figli la media di aumenti è stata di 532 euro l’anno sul carrello della spesa, a Milano la stangata inflazione si sente molto di più: ogni famiglia spende in media 679 euro in più l’anno (sempre in base ai dati Istat di ottobre).
A Trapani, invece, le famiglie registrano dati opposti rispetto a Milano, con una inflazione dello 0,2% e con aggravio medio per ogni famiglia di circa 38 euro l’anno.
A eccezione di qualche rara località dove l’inflazione non si sta facendo sentire più di tanto, nel resto dell’Italia le famiglie faticano ad arrivare a fine mese a causa dei prezzi esorbitanti che hanno colpito anche, e soprattutto, i beni di prima necessità.
Le famiglie, tra l’altro, se la situazione prezzi non migliora, da gennaio dovranno fare i conti anche con lo stop dell’Iva agevolata al 5% su alcuni prodotti per infanzia e per prodotti igienici femminili.
Dal 1° gennaio 2024, infatti, l’Iva su latte in polvere, pannolini per bambini, seggiolini per bambini, assorbenti, tamponi e coppette mestruali, tornerà a salire al 10%, portando, di fatto, a un aumento del prezzo finale di questi prodotti.