La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto delle importanti novità in tema pensioni. In particolare, si discute sulle sorti di Opzione Donna.
Cresce la preoccupazione delle contribuenti interessate all’accesso anticipato alla pensione. Nelle prossime settimane, si saprà se le modifiche al regime di Opzione Donna saranno ufficiali.
L’ultima Manovra finanziaria ha previsto ulteriori limitazioni per usufruire dello strumento di flessibilità in uscita dedicato alle donne. In origine, potevano beneficiare di Opzione Donna tutte le lavoratrici dipendenti con 58 anni di età anagrafica e le lavoratrici autonome con 59 anni di età. Per entrambe le categorie era, poi, richiesta la maturazione di un’età contributiva non inferiore a 35 anni.
Con le modifiche apportate dalla scorsa Legge di Bilancio, invece, è stata notevolmente limitata la possibilità di accedere a tale strumento pensionistico, a causa dell’innalzamento del presupposto anagrafico e dell’introduzione di specifiche categorie di beneficiarie.
Nel 2023, infatti, possono smettere di lavorare con Opzione Donna solo:
Bisogna, inoltre, possedere, oltre ai 35 anni di contributi, almeno 60 anni di età. È, però previsto uno sconto anagrafico a favore delle contribuenti che hanno dei figli. In particolare, possono smettere di lavorare a 58 anni coloro che hanno due o più figli e a 59 anni coloro che hanno un solo figlio. Le licenziate e le dipendenti presso aziende in crisi, invece, possono smettere di lavorare a 58 anni sempre, indipendentemente dai figli. Ma come cambia il meccanismo di Opzione Donna se dovesse essere approvata l’attuale Manovra finanziaria? Scopriamolo.
Il prossimo anno potrebbero ulteriormente cambiare i requisiti per l’accesso a Opzione Donna.
Rimarrebbe confermata l’attuale platea di beneficiarie e, dunque, la fruizione riservata solo a determinate categorie di contribuenti. Invariate anche le finestre mobili di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e di 18 mesi per le autonome e il ricalcolo interamente contributivo dell’assegno pensionistico.
Cambierà, invece, l’età anagrafica, che salirà a 61 anni per coloro che non hanno figli, a 60 anno per coloro che hanno un solo figlio e a 59 anni per le donne che hanno due o più figli e per le licenziate e dipendenti di aziende in crisi.
Tale strumento di uscita anticipata dal mondo lavorativo non sarà, dunque, molto vantaggioso e consentirà di smettere di lavorare con 59 anni di età solo a una piccola parte di contribuenti.
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