La legge italiana prevede delle precise tempistiche per il versamento degli stipendi. Quando il datore è inadempiente?
I lavoratori hanno diritto a percepire la retribuzione per il lavoro svolto, ai sensi dell’art. 36 della Costituzione.
Ma quanto tempo ha il datore di lavoro a disposizione per effettuare il pagamento?
Innanzitutto, è bene specificare che l’obbligo scatta solo dopo che il lavoratore ha finito la prestazione lavorativa, non prima.
Di norma, la corresponsione dello stipendio avviene ogni mese, ma da contratto può essere deciso anche diversamente. Il termine di scadenza, in ogni caso, è fissato dai contratti collettivi o, nel caso manchi un’indicazione in tal senso, si da esecuzione a quanto previsto dall’accordo individuale col datore oppure alla prassi consolidata nell’azienda.
Di solito, i lavoratori ricevono lo stipendio entro il mese successivo a quello in cui è stato svolto il lavoro.
Ma cosa succede se la retribuzione viene riconosciuta sempre in ritardo?
Omesso o tardivo pagamento dello stipendio: quali sono le tutele per il dipendente?
Per legge, il datore di lavoro che paga i dipendenti in ritardo è obbligato al versamento degli interessi e degli eventuali danni.
Il lavoratore, invece, può inviare una comunicazione, tramite raccomandata o Pec. In caso di ritardo prolungato e reiterato (ad esempio, quando il pagamento avviene sempre dopo il 20 del mese successivo), il dipendente può dimettersi per giusta causa.
I giudici, tuttavia, hanno sottolineato che tale diritto non sussiste nel caso in cui il ritardo riguardi una sola mensilità.
Se la comunicazione di sollecito del lavoratore non è servita a nulla, è possibile adire il giudice e presentare una richiesta di decreto ingiuntivo diretta all’azienda.
In alternativa, si può procedere con un tentativo di conciliazione tramite l’Ispettorato Territoriale del Lavoro.
Per l’accredito dello stipendio, inoltre, il datore deve usare metodi di pagamento tracciabili, ad esempio, bonifico sul conto con IBAN, strumenti di pagamento elettronico, assegno o vaglia postale.
Nell’ipotesi in cui non venga rispettata la legge, il datore è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra mille e 5 mila euro, moltiplicata per il numero di mensilità coinvolte.
Il datore, poi, deve consegnare al lavoratore il prospetto paga, con la specificazione dei dati del dipendente, del periodo di riferimento, delle diverse voci e indennità che formano lo stipendio, delle trattenute.
Se il prospetto paga non viene rilasciato oppure se presenta errori oppure omissioni, il datore soggiacerà a sanzioni amministrative.
La busta paga può essere anche inviata tramite posta elettronica.