La tentazione di continuare a lavorare anche dopo la pensione può essere forte ma bisogna conoscere le regole per poterlo fare e i rischi in cui si incorre.
Il sistema italiano prevede diverse possibilità per coloro i quali possono e vogliono andare in pensione. Allo stesso tempo, però, esistono diverse occasioni per chi vuole continuare a lavorare. Le opzioni sono diverse ma bisogna venire a conoscenza di quali sono le norme che regolamentano l’argomento. Perché ci sono alcune imposizioni da rispettare che è meglio conoscere prima di muovere i primi passi in questo tema.
Il bisogno di continuare a lavorare anche dopo la pensione nasce dal fatto che, in molte occasioni, l’assegno mensile dell’Inps non è sufficiente per arrivare a fine mese e continuare a mantenere gli standard di vita a cui si era abituati. Ed ecco che, allora, sorge spontaneo il desiderio di tornare in campo e provare a continuare a lavorare e aggiungere qualcosa nel proprio gruzzolo mensile. Come dicevamo, la legge è molto attenta a valutare le condizioni affinché un cittadino italiano possa prestare un’attività lavorativa. A disciplinare la materia è la legge Amato del 1992 e la legge Dini del 1995. Gli articoli all’interno del dispositivo evidenziano che, quando il pensionato accede al ticket, deve interrompere tutte le attività professionali. Però non ci sono divieti di ricominciare a lavorare. E’ fondamentale ricordare che il lavoratore, in quel caso, deve ricominciare con i versamenti all’Inps. Ovviamente questo ripone la possibilità di aumentare il montante contributivo che, alla fine della “seconda carriera”, aiuteranno a far levitare il ticket della pensione.
Ricominciare a lavorare, ma quando?
L’imposizione della cessazione del lavoro viene applicata esclusivamente ai lavoratori dipendenti; differente è per gli autonomi che non sono obbligati a cessare la propria attività professionale per iniziare ad avere la pensione dall’Inps.
Qualcosa da conoscere in più: coloro che vanno in pensione con il sistema contributivo e lo fanno prima dei 63 anni perdono per intero il diritto all’assegno previdenziale se decidono di lavorare come dipendenti.
Se invece a farlo come autonomo, si perde la metà della pensione.
In caso di pensione di invalidità, la pensione viene sospesa integralmente per coloro che percepiscono un reddito derivante da attività lavorativa che supera di tre volte l’importo della pensione minima.