Tutte le informazioni necessarie sui fringe benefit: cosa sono, a chi spettano e quali limiti devono rispettare.
Quando si affronta il tema del welfare aziendale e in particolare dei fringe benefit, spesso ci si limita a pensare all’auto aziendale concessa al dipendente per un uso personale. Tuttavia, la realtà è che esistono molte altre possibilità da considerare.
I fringe benefit possono essere definiti come “compensi in natura”, in quanto non vengono erogati in forma di denaro, ma piuttosto vengono concessi ai dipendenti sotto forma di beni e servizi offerti dal datore di lavoro.
Il Decreto Aiuti-bis, attivo dal 10 agosto 2022, ha posto ulteriore attenzione sui fringe benefit. I limiti all’interno dei quali tali benefici non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente sono stati aumentati nel 2022 da 258,23 euro a 600 euro. Successivamente, con il Decreto Legge Aiuti quater pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 novembre 2022, tale limite è stato ulteriormente incrementato a 3000 euro per lo stesso periodo d’imposta.
Nel 2023, la soglia esentasse è tornata a 258,23 euro, a meno che si tratti di dipendenti con figli a carico, per i quali il Decreto Lavoro ha prorogato, per l’anno 2023, l’aumento del limite di esenzione a 3000 euro.
Differenze tra fringe benefit e flexible benefit
I fringe benefit sono degli extra, dei benefit accessori che vengono aggiunti alla retribuzione ordinaria e possono essere assegnati singolarmente o a un numero limitato di persone.
I flexible benefit, come suggerisce il loro nome, sono invece dei vantaggi flessibili che includono beni, servizi, prestazioni e opere specificati nell’articolo 51, comma 2 del TUIR, offerti dal datore di lavoro all’interno dei piani di welfare aziendale. Questi benefit rappresentano una parte significativa della retribuzione complessiva del lavoratore e hanno lo scopo di rispondere a esigenze specifiche che non sono di natura economica. Tra i flexible benefit rientrano l’assistenza sanitaria integrativa, la previdenza complementare, i servizi per l’infanzia e l’istruzione, l’assistenza ai familiari non autosufficienti e così via.
Il legislatore ha elencato in modo specifico, all’articolo 51, comma 2 del TUIR, i flexible benefit che non concorrono, totalmente o parzialmente, alla formazione del reddito di lavoro dipendente, andando contro il principio di onnicomprensività . La maggior parte di questi benefit, come i buoni pasto (lettera c), i benefit di utilità sociale (lettera f) e i servizi d’istruzione per i figli (lettera f-bis), devono essere concessi a tutti o a categorie omogenee di dipendenti per poter godere dell’esenzione fiscale. Spesso, i contratti collettivi nazionali di lavoro regolamentano i flexible benefit (noti come welfare contrattuale), imponendo ai datori di lavoro l’obbligo di fornire le prestazioni di welfare previste a tutto il personale dell’azienda.
Le differenze tra fringe benefit e flexible benefit non riguardano solo la modalità di assegnazione e i beneficiari, ma anche il trattamento fiscale.
Come abbiamo detto in precedenza, i fringe benefit sono soggetti a un limite di esenzione fiscale pari a 258,23 euro (anche se nell’attuale periodo fiscale è stato aumentato a 3.000 euro per i dipendenti con figli a carico). Inoltre, se il beneficio supera questo limite, il datore di lavoro è tenuto a tassare e contribuire sull’importo totale. Questa regola si applica anche in casi eccezionali in cui la soglia di esenzione viene aumentata temporaneamente, come previsto dalla Circolare n. 35/2022.
D’altra parte, alcune importanti categorie di flexible benefit, come le prestazioni, le opere e i servizi di rilevanza sociale indicati nell’articolo 51, comma 2, lettere d-bis) (abbonamento al trasporto pubblico), f) (oneri di utilità sociale), f-bis) (servizi educativi e di istruzione), f-ter) (servizi di assistenza per anziani e non autosufficienti) ed f-quater) (contributi e versamenti di polizze LTC dread desease) del TUIR, non concorrono affatto alla formazione del reddito di lavoro dipendente né alla base imponibile previdenziale. Non ci sono limiti per questi benefit in termini di tassazione o contribuzione.
Ora che abbiamo chiarito quali sono le differenze con i flexible benefit, analizziamo meglio cosa comprendono i fringe benefit.
Nel campo del welfare aziendale, i fringe benefit, suscettibili di essere offerti sia a titolo contrattuale che volontario da parte del datore di lavoro, sono costituiti da beni o servizi erogati al dipendente. Essi rappresentano una sorta di “retribuzione in natura”, come stabilito dall’articolo 2099, comma 3, del Codice Civile, il quale afferma che “l’operatore del lavoro può essere retribuito anche in tutto o in parte [attraverso partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o] con prestazioni in natura”.
I fringe benefit, svolgendo il ruolo di elemento retributivo, concorrono quindi alla formazione del reddito da lavoro dipendente. Tuttavia, esiste una deroga al principio di comprensione totale che guida il reddito da lavoro dipendente (art. 51, comma 1, TUIR). L’art. 51, comma 3, ultima parte, del TUIR stabilisce che i fringe benefit non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente se il loro valore complessivo nel periodo di imposta non supera i 258,23 euro.
Entro la stessa soglia, in ottemperanza al principio di armonizzazione delle basi imponibili fiscali e previdenziali (art. 6, D.Lgs. n. 314/1997), i fringe benefit non concorrono alla formazione della base imponibile previdenziale.
In particolare, l’art. 51, comma 4, TUIR identifica alcuni dei beni e servizi più frequentemente conceduti ai dipendenti, ossia autoveicoli, motocicli e ciclomotori concessi per uso promiscuo, prestiti, immobili e servizi di trasporto ferroviario concessi gratuitamente ai dipendenti del settore ferroviario; per tali fringe benefit, sono previsti criteri specifici per la determinazione forfettaria dei valori soggetti a tassazione.
Sempre più datori di lavoro scelgono di inserire i fringe benefit all’interno di un piano di welfare aziendale, consapevoli del fatto che rappresentano una misura importante di sostegno alle esigenze dei loro dipendenti, specialmente in momenti storici difficili come il 2023, caratterizzato da un aumento generalizzato dei prezzi e dell’inflazione.
L’assegnazione dei fringe benefit può avvenire anche senza formalità da parte del datore di lavoro, ossia in modo volontario. Ciò significa che non è richiesta un’accordo collettivo o un regolamento aziendale, e può essere destinata a un dipendente specifico e non a tutti o a categorie di dipendenti in generale.
Tra i fringe benefit più in voga per i dipendenti, oltre all’indiscussa auto aziendale e ai pratici buoni pasto, ci sono un’assistenza sanitaria di prim’ordine, polizze assicurative su misura per le loro esigenze, prestiti agevolati e perfino acquistare azioni della società o anche alloggi di alta qualità riservati ai collaboratori più preziosi.
Novità del 2023 sulle soglie dei Fringe benefit
I lavoratori beneficiano di un importo superiore al doppio rispetto al passato, con l’inclusione di somme di denaro utilizzate per il pagamento delle utenze domestiche, come acqua, luce e gas. Questo nuovo incentivo è noto come bonus bollette.
È importante sottolineare che l’esenzione dei fringe benefit rappresenta un vantaggio per il lavoratore, che non sarà soggetto a tassazione né ad aumenti contributivi per i benefit assegnati entro il limite stabilito. Inoltre, per il datore di lavoro, questi importi saranno deducibili dal reddito d’impresa.
Da segnalare che, nell’attuale periodo fiscale, l’esenzione per i fringe benefit, sia per la soglia ordinaria di 258,23 euro sia per la soglia di 3.000 euro per i dipendenti con figli a carico, può essere cumulata con l’esenzione prevista per il bonus carburante, che consente ai dipendenti di ricevere buoni carburante non tassabili fino a 200 euro all’anno, come previsto dal Decreto Carburanti.
In sintesi, i fringe benefit rappresentano un’opportunità vantaggiosa per i lavoratori, che potranno godere di importanti benefici fiscali e contributivi, e il bonus carburante offre un valido supporto per aumentare il loro potere d’acquisto, soprattutto in un periodo di difficoltà economiche.