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Dimmi che musica ascolti, io ti dirò chi voti: le presidenziali USA vissute attraverso gli artisti!

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Manfredi Falcetta

Kamala Harris o Donald Trump? A dare il verdetto saranno i musicisti! 

La musica ha sempre avuto un ruolo centrale nei processi elettorali, specialmente negli Stati Uniti. Le campagne per le Presidenziali del 2024 non fanno eccezione, anzi, evidenziano come gli artisti e le loro canzoni siano più influenti che mai. Da colonne sonore di eventi a endorsement pubblici, il mondo della musica si intreccia sempre di più con quello della politica. Vediamo come i candidati stanno navigando questo panorama sonoro, dai comizi di Kamala Harris all’approccio controverso di Donald Trump.

Kamala Harris e la colonna sonora della speranza

La campagna di Kamala Harris ha scelto come tema musicale una canzone potente, “Freedom” di Beyoncé e Kendrick Lamar. Questo brano incarna speranza e resilienza, facendosi portavoce di una visione progressista per il futuro degli Stati Uniti. La presenza di star pop, rock e rap ai suoi eventi non è solo una strategia di marketing, ma risponde a un desiderio di connessione e di attualità. Concerti che si intrecciano con i comizi non sono più una rarità; al contrario, vediamo artisti di spicco come Taylor Swift e Bruce Springsteen schierarsi apertamente. Anche Michael Stipe, ex frontman dei R.E.M., è riemerso per sostenere la campagna, dimostrando al contempo che la musica è un linguaggio che va oltre le parole. Ma ci si chiede: perché il mondo della musica sembra così fortemente schierato a favore di un candidato?

La musica, si sa, trasmette emozione e unione. Mentre persino i giovani artisti come Gracie Abrams e Maggie Rogers prendono posizione, la domanda fondamentale è spesso quella su quale messaggio vogliono far arrivare. Per alcuni, la scelta di sostenere Harris non è affatto casuale. La connessione tra arte e attivismo è radicata nella cultura americana, dove le canzoni possono ispirare movimenti e trasformare il dibattito pubblico. La campagna è stata così permeata dalla musica da diventare un vero e proprio palcoscenico di voci unite per il cambiamento.

Donald Trump: quando la musica diventa un rebus

Al contrario, Donald Trump si trova a dover affrontare una vera e propria sfida musicale. Nonostante sia riuscito a radunare qualche sostenitore tra le fila dei musicisti, come Kid Rock e 50 Cent, il grosso delle star sembra prendere le distanze. Persino il mondo della musica country, tradizionalmente conservatore, fatica a trovare artisti favorevoli. Durante i suoi comizi, Trump spesso utilizza brani che non sono precisamente in sintonia con il suo messaggio politico, provocando la reazione degli artisti che rivendicano il proprio diritto d’autore. E così, ci si è trovati di fronte a una lista di artisti che ufficialmente si sono dissociati dall’uso delle loro canzoni.

L’episodio dell’ultimo “rally” al Madison Square Garden è emblematico: nessun musicista si è presentato per sostenere l’ex presidente. Questo scenario solleva interrogativi sulle alleanze tra arte e politica, spingendo a considerare quanto sia sincero il sostegno degli artisti, sempre più diffidenti a identificarsi con certi messaggi. Ogni nota suonata diventa quindi una questione di identità e di valori, riflettendo quanto la musica possa influenzare la percezione di un candidato e, soprattutto, i suoi sostenitori.

La storia di un legame controverso: dalla musica alla campagna

Non è una novità che i candidati abbiano cercato di fare leva sulla musica. Già 40 anni fa, Ronald Reagan citava “Born in the U.S.A.” di Bruce Springsteen, approfittando del titolo patriottico per far passare un messaggio che però si distaccava dal profondo significato del testo. Springsteen non tardò a far notare che la sua canzone raccontava la storia di un veterano del Vietnam abbandonato, non proprio un messaggio in linea con le politiche reaganiane. Questo episodio rimane emblematico di come la musica possa essere interpretata, o addirittura strumentalizzata, per scopi politici.

Nella foto: Kendrick Lamar, noto rapper americano. Le elezioni si decidono anche a suon di musica (Kendrick Lamar Facebook) – La Mia Partita IVA.it

L’appropriazione di canzoni da parte dei candidati non è solo un gioco di marketing, ma una strategia che mostra quanto possa essere sfumata la linea tra appropriazione culturale e sostegno genuino. Così, le campagne diventano un crocevia di significati, dove le canzoni possono assumere ruoli diversi a seconda del contesto. Mentre ci si interroga su questo legame, diventa sempre più chiaro che la musica, in tutte le sue forme, continua a essere una potenza trasformativa nel panorama politico statunitense.

Manfredi Falcetta

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