Fare un cumulo di lavoro e pensione così da usufruire di un duplice reddito ora è davvero possibile, ma devono verificarsi alcune condizioni.
Fino a qualche anno fa non erano poche le persone che decidevano, ovviamente in accordo con l’azienda, di continuare a lavorare pur avendo raggiunto l’età per la pensione pensando così di poter ottenere un assegno che poi sarebbe stato più elevato. Questo ovviamente era reso più semplice da condizioni economiche generali che lo permettevano, ma ovviamente anche se la persona interessata era in salute.
Ora, invece, che la crisi riguarda un po’ tutti i settori molte imprese non possono che guardare con favore all’idea di vedere ridurre il numero dei dipendenti, che difficilmente vengono poi sostituiti. Le eccezioni ovviamente esistono, anzi ora sembra essere possibile mettere in atto una pratica che sembrava essere vietata, ovvero quella che prevede di effettuare un cumulo tra lavoro e pensione, così da percepire due redditi.
Fare cumulo di lavoro e pensione è possibile: ecco come
Si riscontrano ancora adesso, forse anche tra i nostri conoscenti, casi di persone che continuano a prestare servizio pur avendo raggiunto l’età in cui godere del meritato riposo. In situazioni simili non può quindi che esserci un doppio reddito, derivato da lavoro e pensione, che non può che dare idea di ingiustizia a chi è disoccupato e non riesce a trovare un’azienda disposta ad assumerlo. Il ricambio generazionale di cui si parla spesso a livello generazionale non viene così attuato.
Molti sarebbero quindi tentati di denunciare situazioni come queste, ritenendole illegali. In realtà, il ragionamento non è del tutto corretto. O almeno la situazione è cambiata, è bene che tutti lo sappiano, così da sapere come agire.
Al momento la regola in vigore era questa: chi ha smesso di lavorare usufruendo di Quota 100, 102 o 103 non può riprendere a farlo prima del compimento dei 67 anni di età, che è quella che consente di accedere alla pensione di vecchiaia. Le uniche eccezioni erano date dalla possibilità di effettuare lavori autonomi pagati con ritenuta d’acconto, che non permettono però di superare i 5.000 euro lordi l’anno. Trasgredire questa norma comporta una sanzione piuttosto elevata, oltre alla necessità di restituire l’indennità percepita, circostanza che non può che mettere in difficoltà tante persone. Ma è davvero ancora così?
Una sentenza storica
Ora invece questo limite non sembra esserci più, come dimostrato da una recente sentenza emessa dal Tribunale di Vicenza, che ha ribaltato la decisione che era stata presa dall’INPS. La questione riguardava un pensionato che aveva avuto modo di lavorare per due giorni come comparsa sul set della fiction Mediaset con Anna Valle “Luce dei miei occhi”. Qui era stato pagato 78 euro, ma per l’ente di previdenza quello era stato considerato un lavoro subordinato, anche se pagato con una cifra irrisoria.
Non a caso, l’INPS aveva chiesto applicato la sanzione prevista dal decreto n. 4 del 2019 (convertito in legge n. 26 dello stesso anno) chiedendo la restituzione di quanto fino ad allora accreditato, pari a 24 mila euro.
A vincere la causa è alla fine stato proprio l’uomo: secondo il giudice del Lavoro del Tribunale di Vicenza, Paolo Sartorello, “è stato imposto di considerare compatibili con l’erogazione della pensione ‘Quota 100’ redditi di irrisorio importo derivanti da prestazioni del tutto isolate, aventi carattere di specialità tali da differenziarle sostanzialmente dal tipico rapporto di lavoro subordinato”.
La sentenza è destinata inevitabilmente a fare giurisprudenza, anche se in casi simili potrebbe fare la differenza l’importo ricevuto, che può fare da discrimine per capire se si tratti davvero di lavoro subordinato o una prestazione isolata.