Economia

Cosa si intende per Blue Economy?

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fede Cirone

Nell’ambito delle economie sostenibili, la Blue Economy si impegna a incrementare la crescita economica nel rispetto degli ecosistemi marini 

Nel campo delle economie sostenibili, sta prendendo sempre più piede un orientamento socio-economico basato sulla cosiddetta Blue Economy, o “economia blu”. Qual è il suo approccio di base? Un modello di sviluppo innovativo del settore marittimo, incentrato sui principi di durabilità, rinnovabilità e riutilizzo, al fine di rivoluzionare le attività produttive e azzerare le emissioni inquinanti.

Nuova declinazione della Green Economy – il modello economico che permette la riduzione dell’imppato ambientale in favore di uno sviluppo sostenibile – la Blue Economy non ha come obiettivo un aumento negli investimenti di tutela dell’ambiente. Infatti, scopo originario di questo sistema economico è quello di servirsi delle innovazioni introdotte nei settori dell’economia che utilizzano sostanza naturali, senza ulteriori costi, creando nuovi posti di lavoro e conseguendo un ricavo maggiore per le aziende.

Secondo le ultime stime, la Blue Economy, basata sugli oceani, sui mari e sui fiumi, è ormai un fattore decisivo per la missione di sostenibilità avviata dall’Unione Europea. Infatti, il settore della finanza e l’economia blu a basso impatto ambientale sono punto per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite al fine di contrastare i cambiamenti climatici.

La teoria della Blue Economy

Dunque, la Blue Economy, ramo particolare della Green Economy, si prefigge di mettere in piedi un sistema di crescita economica che valuti in prima istanza l’impatto ambientale dell’attività economica e produttiva. Il tutto per un obiettivo ambizioso, ma di vitale importanza:  azzerare completamente le emissioni zero di CO2.

Tale modello è stato teorizzato per la prima volta nel libro  The Blue Economy: 10 years, 100 Innovations. 100 Million Jobs, scritto dall’impjrenditore olandese Gunter Pauli, fondatore di ZERI (Zero Emissione Research Initiative), rete internazionale di scienziati, economisti e studiosi che cercano soluzioni innovative alle sfide dell’economia contemporanea. Punto di forza della Blue Economy è lo sviluppo sostenibile, che non ostacola le possibilità di crescita delle generazioni future, dal momento che si prende cura del patrimonio e delle riserve naturali esauribili. Ecco quindi un modello di crescita economica rispettosa dell’ambiente e dei suoi limiti.

Sulla base dei dati raccolti prima della pandemia di coronavirus da Eurostat, elaborati poi dalla Commissione Europea, la l’economia blu ha dato lavoro a circa 4,5 milioni di persone nella sola Europa. Questo “nuovo” comparto è stato in grado di generare 650 miliardi di euro di fatturato e 176 miliardi di euro di valore aggiunto lordo, con un utile lordo 68 miliardi di euro. Anche in Italia, grazie al florido turismo costiero, la Blue Economy impiega oltre 390.000 persone, generando circa 19,7 miliardi di euro di valore aggiunto al PIL nazionale.

Nello specifico, i settori coinvolti nella blue economy interessano la preservazione delle risorse marine, l’energia rinnovabile derivata dal mare, le attività portuali e tutto il comparto navale, dalla costruzione ai trasporti marittimi. Inoltre, tale modello economico abbraccia anche il ramo del turismo costiero, della pesca e dell’acquacoltura.

Secondo il report della Commissione UE, si è registrata una forte crescita negli ultimi anni in tutti quei settori industriali che hanno attuato un piano di sviluppo all’insegna della totale sostenibilità ambientale. Infatti, si stima che l’attuazione di un sistema basato sulla Blue Economy, grazie al focus produttivo sull’energia delle onde e delle maree, sulla produzione di alghe, sullo sviluppo di attrezzi da pesca innovativi e sul ripristino degli ecosistemi marini sarà in grado di creare nuovi posti di lavoro e imprese sostenibili.

Blue Economy: una economia “green” per i mari | @pixaby

Tuttavia, il processo di cambiamento socio-economico richiede un forte investimento nel campo della formazione. Infatti, la Blue economy richiede nuove competenze, sebbene già il 17-32% delle aziende in Europa abbia registrato carenze di competenze e di personale tecnico adeguatamente formato, specie nell’ambito dell’energia rinnovabile offshore. Per questo motivo, è indispensabile l’intervento degli Stati membri per promuovere investimenti sia nel settore della ricerca, sia nella formazione dei futuri giovani lavoratori, anche semplicemente  per riqualificare coloro che sono ancora impiegati nel comparto fossili.

Nel sistema previsto dalla Blue Economy il bisogno primario è quello di quantificare i costi e l’impatto dell’inquinamento, che altrimenti rischia di esaurire il capitale naturale blu. Quest’ultimo si compone delle aree naturali che presentano vantaggi per la qualità della vita dei cittadini e che assicurano, attraverso la cura dei residenti, la salvaguardia della natura, oltre che la tutela della terra, della costa, del mare e la conservazione del paesaggio. Nello specifico, l’insieme di queste esternalità positive per l’ambiente corrisponde ai cosiddetti “servizi ecosistemici”.

Dal canto suo, alla luce degli ultimi report sul campo, la Commissione Europea ha rilasciato un approccio ancora più radicale, aggiornando la sua tabella di marcia al fine di ribadire come lo sviluppo di “un’economia blu sostenibile è essenziale per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo e garantire una ripresa verde e inclusiva dalla pandemia”.

In tal senso, con lo scopo di raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica, le linee guida elaborate dalla Commissione Europea si muovono verso la decarbonizzazione del trasporto marittimo, oltre lo sviluppo l’energia rinnovabile offshore. Infatti, si stima che nel 2050 tutto l’insieme di energia oceanica sostenibile che ingloba l’energia eolica, termica e quella prodotta dalle onde e dalle maree potrebbe generare un quarto del totale dell’elettricità degli Stati Membri. Per questo, i porti diventano snodi cruciali per la connettività e l’economia dei Paesi europei e potrebbero essere utilizzati come hub energetici, del tutto slegati dall’impiego di energia fossile.

Alcuni esempi di economia sostenibile

Ma veniamo ora al lato pratico della Blu Economy. L’applicazione di un simile sistema economico al business prende il nome di “blue thinking”, vale a dire una strategia di marca volta all’innovazione della trasformazione. Si tratta quindi di attutare un cambiamento nello sviluppo per la tutela dell’ambiente, esplorando – non a caso – un oceano di possibilità già preesistenti.

In particolare, tra i principali comparti emergenti e innovativi della Blue Economy si annoverano quelli legati alla produzione di energia rinnovabile marina, ovvero ricavata dall’oceanico. Per intenderci, si va dall’eolico offshore ai pannelli fotovoltaici galleggianti. Si tratta di tecnologie che consentono di raccogliere in modo “pulito” l’energia necessaria per gli elettrolizzatori, in grado di scindere le molecole di idrogeno e ossigeno e produrre il cosiddetto idrogeno verde, ricavato a partire da fonti esclusivamente rinnovabili.

Blue Economy: esempi di economia sostenibile | @pixaby

Veniamo ora a qualche esempio pratico di utilizzo della Blue Economy. Sicuramente, il caso più noto è quello del professor Jorge Reynolds, inventore di un nuovo pacemaker senza batterie difficili da riciclare. Nello specifico, servendosi delle conoscenze acquisite sul funzionamento degli organismi viventi in relazione all’ambiente, Reynolds è stato in grado di far funzionare un pacemaker utilizzando solo la temperatura corporea e la pressione generata dalla voce.

Ma altro anche l’Italia rappresenta un caso virtuoso di Blue Economy nel settore della pesca. Infatti, la Regione Siciliana si è da tempo preso l’impegno, insieme ad altri Paesi del Mediterraneo, di creare un “Distretto unico”. Si tratta di un sistema di responsabilità e di concreta partecipazione di tutti i portatori di interesse della pesca e dell’agroindustria al fine di conseguire una produzione rispettosa dell’ambiente, capace di valorizzare le risorse del territorio costiero, servendosi di una politica di dialogo e condivisione delle esperienze e delle conoscenze.

fede Cirone

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