Ecco cosa succede se il cliente ritiene che l’assistenza del legale abbia danneggiato la sua posizione, prima ancora dell’espressione di un tribunale.
Un dato curioso quanto sorprendente (e anche piuttosto noto) riguarda il fatto che i Paesi del Nord Europa (specie in area scandinava) posseggono un diritto giuridico regolato da un codice con un numero di norme e leggi tra i più bassi al mondo; il tutto per “gestire” delle società con tassi di trasgressione altrettanto bassi. Per la verità, il confronto con il codice italiano è possibile soltanto in parte.
Se un Paese come l’Italia non possiede gli stessi tassi – per così dire – di onestà, non è certo per il suo poderoso corpus di leggi, nel quale se ne contano a migliaia considerando i “commi“. È vero però che una solida cultura della legalità permette un governo civile decisamente più semplificato. Il rischio legato ad un’eccessiva articolazione è rappresentato dalla capacità di un’interpretazione di esprimersi e ed affermare uno stato di diritto in regime di contraddizione.
Non è un caso che l’Italia, in materia di formazione di giudici e avvocati (in altre parole, di rappresentanti del diritto e della legge), abbia una lunghissima tradizione che affonda le sue radici ben prima della sua unità. E un avvocato è indispensabile non solo per il diritto alla difesa costituzionalmente previsto per ogni cittadino (anche a costo di assegnare un avvocato d’ufficio, se l’imputato non può economicamente permettersi di sceglierne uno), ma anche districare l’eventuale caso nella suddetta giungla di procedure.
Come spesso avviene, è proprio un’interpretazione alternativa a vincere, a imporre il diritto codificato, sperando di fare altrettanta giustizia. L’Italia conta un corpo di avvocati tra i più numerosi; forse, l’espressione della onnipresente necessità di dirimere troppe e non facili controversie. Pertanto, prima o poi capita di dover affrontare una vertenza o una causa, nel corso della propria vita; meglio se si abbia a portata di mano il contatto di un avvocato di fiducia.
In sede di una controversia giudiziaria, l’avvocato si impegna a dimostrare le ragioni del suo cliente, ma a volte il lungo e tortuoso tentativo non va a buon fine: non sempre perché la toga non abbia fatto il suo dovere, quanto piuttosto per la maggior forza espressa dalle argomentazioni della controparte. Il cliente, dopo la sentenza a suo sfavore, non potrà fare altro che accettare la conseguente sentenza del tribunale e pagare le spese legali sostenute dalla controparte stessa.
Fa eccezione la scarsa professionalità dell’avvocato: lo scarso tempismo della richiesta d’appello, oppure la richiesta di un ulteriore grado di giudizio in assenza di altre prove. Questo è avvenuto nel recente caso cui si è espressa la Corte Costituzionale, respingendo il ricorso di un avvocato a restituire i 2.000 euro già versati dal suo cliente (a fronte di 4.000 euro dell’intera prestazione).
I giudici costituzionali hanno individuato il perimetro della responsabilità professionale sul legale che ha utilizzato «mezzi difensivi pregiudizievoli» per il cliente. Ancor più grave se è l’assistito a sollecitare al suo avvocato una strategia. Dunque, l’assistenza legale si è dimostrata, in tale contesto, perfettamente inutile.
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