Ricevere la pensione di un defunto non è automatico, è necessario essere in possesso di specifici requisiti per garantirsi questo diritto.
È capitato certamente a tutti almeno una volta di perdere una persona cara, ma chi si trova in questa situazione sa bene come ci siano diverse questioni burocratiche da sistemare che spingono, almeno parzialmente, a mettere da parte il dolore. Basti pensare, ad esempio, alla gestione del conto corrente del defunto, che può essere bloccato in attesa che venga conclusa la pratica di successione. Muoversi in anticipo in accordo con la banca può essere importante, anche se non sempre questo è possibile se il decesso avviene in modo improvviso.
Altrettanto determinante è sapere come ci si debba comportare con la pensione, soprattutto per capire a chi spetti percepire la reversibilità, considerato un sostegno finanziario spettante ai superstiti di un pensionato o di un lavoratore scomparso. A erogarla è l’INPS ai suoi parenti più stretti.
La pensione di un defunto non spetta ovviamente a tutti, ma solo a chi è in possesso di determinati requisiti. L’indennità viene riconosciuta ai parenti a carico del defunto e pertanto mantenuti abitualmente dallo stesso.
In questa categoria rientra il coniuge, anche nel caso in cui ci sia stata separazione o divorzio, ma solo se è titolare dell’assegno divorzile e non ha contratto nuove nozze. A differenza del passato, questo diritto viene riconosciuto anche alle persone unite civilmente, ma non a chi è esclusivamente convivente. È compito invece del Tribunale stabilire la percentuale dell’importo spettante se il coniuge superstite o divorziato si è sposato una seconda volta.
In alternativa, l’indennizzo mensile spetta ai figli inabili al lavoro a carico del genitore deceduto (a prescindere dall’età), i figli maggiorenni studenti, che frequentano scuole o corsi di formazione professionale, fino all’età di 21 anni e i figli maggiorenni studenti, che frequentano l’Università fino al compimento del 26 anni di età.
Qualora non ci fossero coniugi o figli, la reversibilità viene destinata ai genitori dell’assicurato o pensionato che al momento della morte di quest’ultimo abbiano compiuto il 65° anno di età, non siano titolari di pensione diretta o indiretta e risultino a carico del lavoratore deceduto. Se non fossero in vita nemmeno i genitori, a ricevere l’indennizzo saranno i fratelli celibi e sorelle nubili dell’assicurato o pensionato che al momento della morte di quest’ultimo siano inabili al lavoro, non siano titolari di pensione diretta o indiretta, siano a carico del lavoratore deceduto.
L’obiettivo è quindi quello di garantire ai parenti più prossimi di un defunto un sostegno sul piano economico senza dover sostenere pratiche pesanti sul piano burocratico.
Il timore di chi si trova in questa situazione o ha un parente malato e teme quindi di dover vivere al più presto un caso simile è quello di dover attendere a lungo per ricevere l’importo a cui ha diritto. Fortunatamente non è sempre così.
La reversibilità decorre a partire dal mese successivo al decesso del pensionato e non dalla data in cui il beneficiario della prestazione ha inoltrato la propria domanda all’INPS (questa è indispensabile così che l’Istituto di previdenza possa valutare la situazione).
Raramente, salvo casi eccezionali, si resterà così a lungo senza la cifra prevista. Anzi, ora è consentito poter presentare l’istanza anche diverso tempo dopo il decesso (entro massimo di 10 anni) pur senza per questo non ricevere l’assegno. Non ci sono differenze nella decorrenza a seconda del grado di parentela. Ad averne diritto è anche il coniuge separato nonostante ci sia stata una separazione con addebito.
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