L’attore di “Suburra” si racconta in una biografia senza alcuna censura!
Claudio Amendola, attore e doppiatore di grande spessore, porta alla luce la sua vita attraverso il suo ultimo libro, “Ma non dovevate anda’ a Londra”, edito da Sperling & Kupfer. Con quasi sei decenni alle spalle, Amendola ripercorre le tappe della sua esistenza, narrando esperienze e pensieri che spaziano dalla sua infanzia agli anni di formazione, toccando anche tematiche di grande attualità. Questo testo è il risultato di una profonda riflessione sul passato e sul presente, dove racconta gli affetti familiari e la sua visione della vita, senza tralasciare un’analisi critica della situazione politica contemporanea.
Il percorso creativo di Amendola è intessuto di ricordi che lo legano alla politica, in particolare influenzato da sua madre, Rita Savagnone, una donna che ha segnato la storia del doppiaggio italiano. Nonostante le avventure familiari avessero il sapore di un viaggio in luoghi esotici, l’attore ha vissuto la politica come un elemento che lo circondava e che lo ha sempre colpito emotivamente. Le avventure in auto, cariche di attese e speranze, si trasformano in metafore di una ricerca personale e sociale. Con i suoi genitori, ha affrontato una realtà complessa e intrisa di ideali, in viaggio attraverso paesi dell’Est Europa dove la bellezza coesisteva con la desolazione.
Parlando del presente, Amendola esprime una disillusione profonda nei confronti della politica attuale, descrivendo una distanza incolmabile tra lui e i politici odierni. Le interviste ai politici della prima Repubblica lo colpiscono per la loro statura e autorità, assenti nel contesto attuale. Il suo ricordo della madre emerge in maniera vivida; lei, con la sua vocazione di doppiatrice, ha dato vita a leggende del grande schermo. La sua passione e la sua lotta per i valori in cui credeva hanno lasciato un segno indelebile. Amendola riflette su come questa passione, quella di sua madre, fosse accompagnata da una certa ingenuità: la sua visione ottimistica della ideologia socialista collocata in un contesto in cui i sogni erano costretti a fare i conti con una realtà che evolveva.
La cucina ricopre un posto speciale nel cuore di Claudio Amendola, che la considera quasi un’ossessione. Cresciuto nella tradizionale cucina romana, i ricordi delle ricette tramandate in famiglia, come la carbonara e l’abbacchio con le patate, evocano in lui una forte nostalgia. Nonostante la sua battaglia con il peso, non si è mai sentito a disagio: il cibo è per lui una gioia da condividere, un modo di vivere la convivialità. La sua infanzia, affollata di ricordi gastronomici, è accompagnata da un’apprezzamento per i piatti semplici e tradizionali.
Amendola ricorda con affetto anche i momenti in famiglia legati al cibo, diversi e unici, nonostante l’ossessione per il cibo stesso. Le risate, gli amici che praticavano l’arte culinaria e l’approccio rustico alle ricette hanno forgiato i suoi gusti e le sue relazioni personali. Racconta aneddoti gustosi, come quello del pollastro con i peperoni cucinato in Romania da una madre che cercava di riportare a casa il calore dei piatti tipici. Questa cucina è intrisa dei sapori del suo passato, da cui si sprigiona un amore per il cibo che non è solo nutrimento ma un atto di affetto. Ogni piatto racconta una storia, ogni ingrediente dà voce a una memoria.
L’inizio della carriera di Amendola nei provini è un episodio che rivela la sua indole unica. All’inizio, il suo avvicinamento al mondo dello spettacolo è stato tutto fuorché convenzionale. Passato da un’infanzia da vip a un mondo di relazioni familiari complesse, Amendola ricorda il suo primo provino in Rai come un passaggio chiave. Con un padre doppiatore e una madre di rara intelligenza, il suo approccio alla recitazione è sempre stato influenzato da relazioni personali. Nonostante le incertezze iniziali, il consiglio ricevuto “dille come se le dovessi dire a Franco” ha scatenato in lui la curiosità e dimensione creativa.
La sua vita era costellata da eventi memorabili, da rivelazioni artistiche, che spesso si intrecciavano con la sua crescita personale. L’amore per il cinema germoglia dal confronto con i suoi genitori, ma Amendola non si considera un cinefilo, piuttosto un amante del suo lavoro, che riconosce l’arte in tutte le sue forme. La sua carriera, chiaramente influenzata dalle esperienze familiari, si dipana attraverso differenti esperienze e generi. Queste esperienze lo portano a confrontarsi con il mondo intorno a lui, lasciando un’impronta sulla sua visione dell’arte, spingendolo verso un cammino di autenticità e introspezione.
Spostandosi su argomenti più leggeri, la passione di Amendola per il calcio ha subìto un’inversione di rotta nel corso degli anni. Nonostante il suo amore per gli sfottò calcistici e i momenti di goliardia negli anni ’80, oggi prova una certa disillusione. Le immagini di damigiane di vino e teglie di pasta sulle gradinate si contrappongono a un panorama attuale che lo lascia perplesso. Per Amendola, il calcio si è trasformato in un business eccessivo, lontano dalle emozioni vere e autentiche che una volta lo caratterizzavano.
Ricorda di aver lavorato in “Ultrà”, un film che ha segnato un momento iconico, ma che gli ha portato anche delle difficoltà nel rapporto con i tifosi. Questa esperienza lo ha portato a riconsiderare la sua posizione nei confronti del tifo e allo stesso tempo ad interrogarsi sull’evoluzione del calcio contemporaneo. L’episodio del licenziamento di Daniele De Rossi dalla A.S. Roma diventa un simbolo dell’industria sportiva, quella che riduce i giocatori a mere pedine in un grande gioco economico. Amendola continua a riflettere su quanto sia cambiato il mondo del calcio, da un ambiente gremito di passione a un’industria che spesso ignora le vere radici del gioco.
Claudio Amendola ha abbandonato gli studi dopo la terza media, una scelta che oggi descrive come un errore. In un’Italia in cui il lavoro era tangibile e accessibile, la sua decisione di entrare nel mondo del lavoro è stata vista come un’opportunità. Con il doppiaggio come trampolino di lancio, Amendola ha dato il via a una carriera che lo ha portato a toccare diverse sfaccettature della vita lavorativa. Dall’editing delle pellicole alle sfide di un commesso, ogni esperienza ha contribuito alla sua formazione.
Le avventure giovanili lo hanno portato a vivere momenti straordinari, ma anche difficoltà. Parole chiare l’importanza delle scelte, anche quelle sbagliate. Quella volta che, all’età di diciotto anni, Amendola ha trovato se stesso in una situazione difficile – un arresto e una notte trascorsa a Regina Coeli. Una bravata che lo ha segnato, rendendolo consapevole delle conseguenze di ciascuna azione. Questi eventi hanno avuto un impatto profondo, portandolo a riflessioni sull’uso di sostanze. L’affetto per suo figlio Rocco diventa il punto di svolta; un momento di lucidità porta Amendola a dire basta, compiendo un passo cruciale verso un nuovo capitolo della sua vita.
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