Il Governo promette che gli italiani pagheranno meno tasse: alcuni, però, in busta paga, potrebbero affrontare amare sorprese nel 2024.
Con la riforma delle aliquote IRPEF, il risparmio sulle imposte interesserà principalmente la fascia di reddito compresa tra 15.000 e i 28.000 euro, su cui verrà applicata un’aliquota del 23% (finora la tassazione al 25%). Inoltre, il Governo ha promesso anche una corposa riduzione delle imposte dovute sul reddito da lavoro con detrazioni sul lavoro dipendente e il trattamento integrativo. In questo senso, ci si aspetta uno sconto sull’IRPEF trattenuta in busta paga.
In pratica, su uno stipendio lordo, al netto dei contributi previdenziali, si applicano determinate trattenute fiscali. Percentuali calcolate sulle aliquote IRPEF dovute al netto delle detrazioni riconosciute. Finora, cioè prima della riforma voluta dal Governo Meloni, la no tax area coinvolgeva le entrate fino a 8.500 euro, cioè a circa 668 euro lordi mensili, considerando pure i contributi.
Con detrazioni e trattamento integrativo, di fatto, il contribuente non doveva l’IRPEF fino a 13.000 euro di imponibile annuo. Ovvero, fino a circa 1.022 euro lordi di stipendio mensile (tenendo sempre conto dei contributi dovuti). Con la riforma questi benefici fiscali dovrebbero essere allargati.
Bisogna dunque capire cosa potrà cambiare nel 2024, con la riforma IRPEF. Quanto sarà necessario guadagnare per non pagare IRPEF e subire dunque meno la pressione delle tasse in busta paga? E, soprattutto: qual è l’imposta dovuta in relazione al reddito percepito? Il punto, evidentemente, sta nel capire come verranno tassati gli stipendi nel 2024.
Pressione delle tasse in busta paga nel 2024 in base alle nuove aliquote IRPEF
Per capire quanto si deve di IRPEF nel 2024 bisogna quindi considerare non solo le nuove aliquote ma anche l’effetto di queste percentuali su detrazioni e trattamento integrativo. Il Governo, com’è noto, ha deciso di introdurre nuovi scaglioni IRPEF, riducendone il numero da quattro a tre.
I redditi fino a 28.000 euro all’anno verseranno il 23%. Chi dichiara tra i 28,000 e i 35.000 euro, invece, verserà il 35%. Poi, sopra i 50.000 si applicherà una percentuale del 43%. E per chi guadagna più di 50.000 euro non ci sarà alcun risparmio (saranno riformulate le detrazioni al fine di contenere le risorse necessarie per la riforma). Ciò in linea con il principio secondo cui maggiore è il reddito e minori saranno gli sconti fiscali riconosciuti.
Proprio in base a questo concetto, le detrazioni sul lavoro dipendente vogliono completamente azzerare l’IRPEF dovuta da chi guadagna fino a 8.500 euro l’anno. Poi bisogna anche considerare il trattamento integrativo (il cosiddetto bonus Renzi) che dà al dipendente che guadagna più dell’importo previsto dalla no tax area o meno di 15.000 euro, un bonus di 100 euro al mese (che compensa quanto sottratto di IRPEF).
Per calcolare quante tasse bisognerà pagare sullo stipendio bisognerà partire dallo stipendio imponibile lordo indicato in busta paga. A questa cifra si deve sottrarre la somma dei contributi dovuti ai fini previdenziali (che vanno dall’1,80% al 9,19%).
Poi bisogna anche applicare sulla quota imponibile al netto dei contributi le aliquote IRPEF previste per i vari scaglioni di reddito, sottrarre detrazioni e trattamento integrativo. Tra detrazioni e trattamento integrativo, l’IRPEF è pari a zero fino a 13.000 euro di imponibile, cioè per poco più di 1.000 euro al mese. Su un reddito annuo fino a 17.000 euro si applica il 5,84% dell’imponibile lordo. E anche qui c’è un guadagno minimo in busta paga.
Fino 20.000 euro di imponibile (cioè a 1.572 euro circa lordo al mese) l’imposta è inferiore al 10%. I “dolori” cominciano quando si supera la soglia di 35.000 euro di imponibile: la percentuale si innalza subito al 21,49% per poi aumentare fino a oltre il 28%.