Le nuove regole per accedere al regime forfettario: ci sono requisiti soggettivi e oggettivi e anche limiti per il lavoratori dipendenti.
Innanzitutto, bisogna rispettare un requisito soggettivo e tre requisiti oggettivi. La nuova Legge di Bilancio ha introdotto importanti modifiche al regime forfettario nel 2023. Il limite massimo di ricavi e compensi è passato da 65.000 a 85.000 euro. In più, a fronte di questo aumento, il Governo ha introdotto una speciale clausola antielusione a 100.000 euro per i ricavi.
Le persone fisiche che esercitano un’attività d’impresa, di arte o professione, incluse le imprese familiari, possono godere del regime forfettario, ovvero fruire di alcune semplificazioni fiscali e contabili. Al reddito imponibile si applica un’unica imposta, nella misura del 15%. E l’imposta è ferma al 5% per i primi cinque anni di attività.
Sono ovviamente escluse da tale regime le società sia di persone che di capitali e le associazioni professionali. Per aderire al regime forfettario nel 2023 è necessario non superare determinati limiti. Come anticipato, i ricavi dell’attività devono essere inferiori agli 85.000 euro annui.
E cosa succede quando tale soglia viene superata? Dall’anno successivo diventa necessario adottare il regime fiscale ordinario. Per le nuove partite IVA, il limite di 85.000 euro va rapportato ai mesi di attività, e nel caso in cui si esercitino contemporaneamente più attività si deve sommare ricavi e compensi riferiti a ciascuna attività.
Il secondo requisito oggettivo, reintrodotto dalla Legge di Bilancio del 2020, riguarda le spese sostenute per personale dipendente o per lavoro accessorio. Tutte queste somme non possono superare il limite di 20.000 euro. Poi c’è il terzo requisito, che riguarda coloro che hanno anche redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente percepiti nell’anno precedente. Questi redditi devono essere inferiori a 30.000 euro.
Lavoro dipendente e regime forfettario: le novità
Mettiamo il caso di dipendente che in un dato mese del 2023 si è licenziato e nel mese seguente ha aperto partita IVA in regime forfettario, pur avendo avuto nel 2022 un reddito da dipendente superiore ai 30.000 euro. Come funziona in questa situazione l’applicazione del limite per il lavoro dipendente?
La normativa vigente dice che la soglia dei 30.000 euro da reddito dipendente non va verifica se il rapporto è cessato. E
non specifica quando. L’Agenzia delle Entrate afferma invece che il rapporto deve essere cessato l’anno precedente per non verificare la soglia dei 30.000 euro da lavoro dipendente.
In generale, l’intento della legge è quello di evitare una tassazione agevolata a chi è contemporaneamente sia dipendente che titolare di partita IVA. Quindi, quando c’è un licenziamento, il regime agevolato dovrebbe essere possibile.
Va ricordato che ci sono alcune persone che non possono godere del regime forfettario. Per esempio gli agricoltori e coloro che hanno un’attività connessa a pesca, vendita sali e tabacchi, commercio dei fiammiferi o editoria. Sono esclusi anche coloro che lavorando nella gestione di servizi di telefonia pubblica, nella rivendita documenti di trasporto pubblico, in giochi e altre attività, agenzie di viaggi e turismo, in agriturismo. Oppure vendite a domicilio, rivendita di beni usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione…