Tutte le novità per chi vuole andare in pensione nel 2024: scopri le ultime informazioni e aggiornamenti sulle regole e i requisiti necessari.
Il regime pensionistico è stata un’area in cui il governo Meloni ha preso diversi provvedimenti. Tuttavia, gli interventi effettuati non rappresentano una riforma radicale, ma piuttosto una serie di modifiche, aggiustamenti e rinvii che richiederanno interventi aggiuntivi nell’anno successivo. Quindi, esaminiamo quali saranno le possibilità di pensionamento nel 2024, i periodi e i requisiti di età e di contribuzione.
Il testo ufficiale del progetto di legge sulle pensioni per il 2024 è stato presentato al Senato, confermando la Quota 103 basata sul calcolo contributivo e riducendo le pensioni dei lavoratori del settore pubblico locale e della sanità. Nonostante le promesse precedenti del Governo, il progetto di legge di bilancio propone diverse modifiche sfavorevoli in materia di sicurezza sociale. Questi sono i cambiamenti più significativi mentre aspettiamo ulteriori dettagli.
Quota 103
La proroga di un anno della “Quota 103” (composta da 62 anni di età e 41 anni di contributi) è l’elemento chiave. Tuttavia, coloro che si iscriveranno nel 2024 subiranno due riduzioni dell’assegno pensionistico. La pensione completa sarà determinata secondo il metodo contributivo, non più tramite il sistema combinato, ossia il metodo basato sul reddito per le anzianità accumulate fino al 31 dicembre 1995 (o 31 dicembre 2011 se ci sono almeno 18 anni di contributi alla fine del 1995). All’ultimo momento, viene esclusa la regola che avrebbe anche obbligato il cosiddetto “calcolo doppio”. L’importo del bonifico, calcolato come descritto sopra, non può superare i 2.272€ al mese lordi (equivalenti a quattro volte l’assegno minimo Inps) fino a raggiungere l’età di 67 anni, invece delle cinque volte attualmente previste (ossia 2.840€).
Inoltre, le finestre di mobilità, ossia l’intervallo di tempo necessario tra l’acquisizione dei requisiti (62 anni di età e 41 anni di contributi) e la ricezione della prima rata pensionistica, subiscono delle variazioni. La durata di questa attesa aumenta dai tre mesi attuali (sei per i lavoratori del settore pubblico) a sette mesi, e fino a nove mesi per i dipendenti pubblici. Nel complesso, la struttura della normativa è identica a quella attuale della Quota 103. Viene mantenuto, in particolare, l’incoraggiamento al ritardo del pensionamento, vale a dire la possibilità per l’assicurato di scegliere di ricevere nella busta paga la percentuale del contributo IVS a suo carico, che normalmente è del 9,19%. Chiaramente, coloro che hanno raggiunto i criteri di “Quota 103” entro il termine del 31 dicembre 2023, godranno dei benefici più vantaggiosi precedentemente stabiliti. Ciò include, in particolare, il calcolo tramite il metodo combinato.
Ape Social
La proroga dell’Ape Sociale è stata estesa fino al 31 dicembre 2024, ma l’età minima per accedervi è stata aumentata: invece dei precedenti 63 anni, sarà necessario avere almeno 63 anni e cinque mesi. Inoltre, non ci sarà un’estensione delle categorie di lavoratori pesanti riconosciute dalla legge n. 234/2021 nel periodo 2022-2023, né verranno applicate le relative riduzioni contributive per i lavoratori dell’edilizia e della ceramica.
Si introduce una nuova regola che non era presente prima: non sarà possibile cumulare il beneficio con i guadagni derivanti da lavoro dipendente o autonomo. L’unica eccezione a questa regola riguarda il lavoro occasionale, i cui guadagni possono raggiungere un massimo di 5.000 euro l’anno. L’importo dell’assegno viene determinato utilizzando un sistema misto, ma il pagamento non potrà superare 1.500 euro lordi al mese. Inoltre, non saranno previste tredicesime o aggiustamenti per l’inflazione fino a quando non si raggiungerà l’età pensionabile di 67 anni.
Giovani
Relativamente ai contribuenti puri, ovvero coloro senza anzianità registrata prima del 31.12.1995, si abroga la restrizione dell’assegno sociale per poter accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni con non meno di 20 anni di contributi, ma si introduce una restrizione variabile per poter usufruire della pensione a 64 anni con 20 anni di contributi.
In particolare, l’assegno sociale aumenta a 3 volte, tranne nel caso di donne con figli, dove il limite rimane a 2,8 volte se hanno un solo figlio, e si riduce a 2,6 volte se hanno due o più figli.
Le nuove norme stabiliscono che l’assegno pensionistico per coloro che hanno 64 anni e un contributo previdenziale di 20 anni non potrà superare 5 volte l’importo minimo previsto dall’INPS, ovvero circa 2.840€ lordi al mese, fino a quando non si raggiungono i 67 anni di età. A differenza delle regole attuali, che non pongono limiti, sarà introdotto un periodo “a finestra mobile” di tre mesi a partire dal momento in cui si soddisfano i requisiti richiesti. Inoltre, il requisito contributivo di 20 anni dovrà essere calibrato secondo le previsioni ISTAT sulla speranza di vita, oltre all’età anagrafica.
Opzione Donna
L’Opzione Donna rimane valida con le attuali limitazioni (vale a dire solo per caregivers, invalidi al 74% e disoccupati), a patto che l’età raggiunta sia di 61 anni (prima erano 60 anni) e che si abbiano 35 anni di versamenti previdenziali al 31 dicembre 2023. Puoi beneficiare della diminuzione di un anno del tempo necessario per ogni figlio, fino ad un massimo di due anni. Inoltre, ci sono delle finestre di tempo variabili, di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e di 18 mesi per le lavoratrici autonome.
Indicizzazioni
Riguardo l’indicizzazione, ci sono state alcune variazioni. La retribuzione piena è garantita fino a 4 volte il salario minimo (tenendo conto del 100% dell’indice ISTAT). Per quantità tra 4 e 5 volte, sarà riconosciuto l’85% del tasso di inflazione, a differenza del 90% proposto nelle versioni preliminari. In contrasto, per le pensioni più alte, superiori a 10 volte il pagamento minimo, il riconoscimento attuale si rifà al 32% dell’indice ISTAT: nel 2024, questa percentuale diminuirà al 22%.
Dipendenti enti locali
Gli iscritti alle precedenti casse pensionistiche (CPDEL, CPI, CPS e CPUG) che arriveranno alla pensione a partire dal 1° gennaio 2024 e che possiedono meno di 15 anni di contributi al 31 dicembre 1995, noteranno una riduzione della loro rendita. Le rate di rendimento attuali, definite nelle leggi n. 965/1965 e n. 16/1986, verranno rimpiazzate con percentuali meno abbondanti, causando effetti a volte molto rilevanti sul totale della pensione. Tuttavia, la misura rischia di essere incostituzionale per la violazione del principio pro rata. Non ci saranno cambiamenti per coloro che sono già pensionati.
Pace contributiva
Forse l’unico aspetto positivo è la Pace Contributiva, che riemerge (dopo un periodo di prova da 2019 a 2021) per il biennio 2024-2025. Questo concede la possibilità di recuperare le lacune contributive tra due periodi fino a un limite massimo di cinque anni. È importante sottolineare che questa opzione riguarda solo i contribuenti che non avevano l’anzianità contributiva al 31.12.1995. Tra le altre modifiche vi è l’estensione nel 2024 dell’ISCRO, un’indennità per l’interruzione di reddito e attività, per i titolari di partita IVA.
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